Racconti Mondiali: Buffon e la vetrata rotta

“In ritiro, la sera, organizzavamo delle combattutissime sfide a ping-pong. Personalmente non facevo altro, tanto che nel corso delle settimane il mio livello di gioco era schizzato all’insù.
Mi sentivo un professionista: finito l’allenamento allo stadio toglievo i guanti e prendevo la racchetta in mano. Di certe cose non mi interessa nulla, e allora le faccio senza grande impegno, mentre altre le trasformo in una questione di vita o di morte. Il ping-pong, nel corso del Mondiale, era passato dalla prima alla seconda categoria. Non ci stavo a perdere, mai, era un’ipotesi che non prendevo neppure in considerazione. Del Piero e io andavamo a mille.
Una sera, prima dei quarti di finale contro l’Ucraina, è successo l’irreparabile: sono stato stracciato da Barone al Landhaus Milser Hotel, la nostra tana durante l’avventura tedesca. Si è sfiorato il dramma. Mi sono arrabbiato talmente tanto da non riuscire più a controllare le reazioni. Vicino al tavolo c’era una vetrata, una parete divisoria utile anche per non dover raccogliere le palline in giro per tutto il salone: l’ho colpita con un calcio talmente violento da mandarla in frantumi. Il vetro distrutto, il mio piede in mezzo. Alcuni pezzi si sono conficcati nella scarpa, tanto che per lunghi
secondi non ho avuto il coraggio di abbassare lo sguardo: ero assalito dal timore di essermi rotto qualche osso, o di avere dei tagli talmente profondi da non poter più scendere in campo.
Che qualcosa potesse essere andato storto l’ho capito dal silenzio che mi ha circondato, e dal fatto che tutti – non solo io – fissavano il mio piede. Istintivamente l’ho mosso: funzionava ancora, un po’ dolorante, ma funzionava. L’importante era quello. Perché teoricamente il mio Mondiale si sarebbe potuto fermare lì, sulla Statale fra Duisburg e Düsseldorf, su un’anonima strada lontano da tutto e da tutti. Per fortuna non mi sono fatto niente (e la vetrata l’hanno messa in conto alla Federcalcio). Il primo
a parlare, dopo aver capito che avrei continuato a difendere la porta dell’Italia, è stato proprio Cannavaro: «Gigi, non vuoi tornare a casa, vero?».
Ci sono tornato il 10 luglio. Accolto, a Roma, dalle Frecce Tricolori e da milioni di persone al Circo Massimo. Ma quella sconfitta a ping-pong brucia ancora”.

(Gianluigi Buffon)

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