I bidoni del calcio: Ricardo Oliveira, altro che erede di Sheva

Sostituire un campionissimo che ha fatto le fortune di una squadra, individuare il suo possibile erede, illudersi dopo una sola gara che si, la scelta è stata giusta. A quante squadre è successo? A tante, inutile negarlo, ma uno degli esempi più clamorosi e negativi viene proprio dal nostro campionato, basti pensare al Milan, alla sua maglia numero 7, che per anni ha avuto un solo e unico proprietario incontrastato. Chi? Facile, Shevchenko.

Pallone d’oro nel 2004, decisivo con il rigore calciato a Manchester nel 2003 contro la Juventus, capocannoniere del Milan scudettato del 2003/04 e partner ideale di Pippo Inzaghi. L’ucraino a Milano ha fatto la storia, ma nel 2006 decide che è il momento di cambiare, prendendo il primo aereo per Londra, sponda Chelsea, e diventare il nuovo bomber di Mourinho. In blues le cose non vanno per nulla bene, tant’è che dopo sole due stagioni tornerà in prestito per un anno in rossonero, ma lo smalto non sarà più quello del primo Sheva italiano, e il suo ritorno passerà quasi inosservato.

Ma torniamo al suo erede, o presunto tale. E’ il 2006 e in piena bufera Calciopoli il Milan ottiene la possibilità di giocare i preliminari di Champions, staccando poi il passo per la massima competizione europea. Nel frattempo, con Gilardino tra alti e bassi ed Inzaghi non sempre al 100%, i rossoneri cercano una nuova punta. Impossibile trovare subito qualcuno del valore dell’ucraino, l’idea Ibrahimovic svanisce presto dopo il passaggio dello svedese in nerazzurro (in rossonero arriverà, per davvero, solo 5 anni dopo) così le idee fattibili restano poche e tutte estere. Il cerchio si restringe a due brasiliani: Rafael Sobis, promessa dell’international, e Ricardo Oliveira, una buona carriera in Liga tra Valencia e Betis ma reduce dal prestito al San Paolo. Dopo un tira e molla snervante i rossoneri si aggiudicano il brasiliano ex Valencia, il prezzo non sarà certo irrisorio visto che per convincere i biancoverdi Galliani presenterà un’offerta di 17 milioni più il centrocampista Vogel.

8 reti nel Valencia 2003/04 ma soprattutto 22 con il Betis 2004/05, oltre le 9 reti complessive in 17 presenze nel 2005/06 passato a metà tra spagnoli e San Paolo. Il biglietto da visita del brasiliano, che vanta anche 3 reti in Nazionale, sembra incoraggiante: vede la porta, rapido nei movimenti, abile anche di testa, a 26 anni sembra insomma pronto per il grande salto.

Sensazione confermate da tutto il popolo rossonero il 9 Settembre 2006, al debutto, quando con un colpo di testa di fatto regala i 3 punti ad Ancelotti siglando il 2-1 alla Lazio. Il nuovo numero 7 rossonero pare convincere proprio tutti, tutti meno uno, Carlo Ancelotti. La profondità data da Sheva, i movimenti dell’ucraino, e soprattutto la presenza in pratica del nuovo attaccante del Chelsea erano tutta un’altra cosa, mentre il brasiliano sembra impigrito per il campo, svogliato e avulso, abituato a ritmi ben diversi e non a difensori che ti piombano addosso al primo tocco. Gilardino, pur non convincendo a pieno Carletto, è di un’altra pasta, ad Inzaghi, quando sta bene, basta guardare il pallone per farlo finire in rete.

A complicare le cose ad Oliveira ci si mettono anche problemi al di fuori del rettangolo di gioco, come il rapimento della sorella Marie de Lourdes Silva de Oliveira, per mano di banditi brasiliani il 4 Ottobre 2006. La vicenda fortunatamente si risolverà pochi mesi dopo, il 12 Marzo 2007, ma le prestazioni del brasiliano non cambieranno di una virgola. Le presenze in campionato non saranno poche, ben 26, ma le reti appena 3, dopo quella alla Lazio segnerà ad Udinese e Siena, più due centri in Coppa Italia. Nel mercato invernale, inoltre, a raggiungere Milanello sarà un altro brasiliano, il Milan infatti raggiunge l’accordo per riportare in Italia Ronaldo, che pur in condizioni non ottimali darà ben altro apporto in campionato rispetto al suo collega, con ben 7 gol in appena 14 presenze.

Discorso diverso in Europa, Oliveira scende i campo nella fase a gironi senza mai vedere la porta, Ancelotti, che pure non potrà usare Ronaldo causa regolamento nella fase ad eliminazione diretta, decide di accantonare il numero 7 definitivamente dando fiducia a Gilardino prima e al redivivo Inzaghi poi. Mossa a dir poco azzeccata visto che, unitamente ad un Kakà favoloso, Super Pippo sarà protagonista in Europa portando i rossoneri nuovamente sul gradino più alto, ad Atene, nella rivincita contro il Liverpool. E Ricardo Oliveira? Il brasiliano, nella finale in terra greca non figura nemmeno in panchina, pur risultando vincitore della Coppa per le 6 presenze.

A stagione finita e con i rossoneri che punteranno su un altro talento, ancora brasiliano, Pato, le porte rossonere si chiudono per Oliveira, il pubblico da tempo non crede in lui, Ancelotti lo considera un numero o poco più nella propria rosa, la dirigenza non vede l’ora di sbarazzarsene per rientrare dell’investimento sbagliato, ecco che così nel mercato estivo del 2007 passa al Saragozza in prestito per due milioni, per poi essere riscattato definitivamente con altri 11 milioni che entreranno nelle casse rossonere.
Una discreta stagione nuovamente in Liga (18 reti) non impedisce però la retrocessione del suo nuovo club, che poi lo cederà nuovamente al Betis. Da allora un lungo peregrinare per una carriera su medio-buoni livelli, ma mai tali da far gridare al fuoriclasse: volerà prima negli Emirati Arabi nell’Al Jazira e Al Wasl, inframezzati da un nuovo ritorno al San Paolo, e poi Santos, dove tornerà su buoni livelli riconquistando per qualche gara anche la maglia della Nazionale.

Questo è stato Ricardo Oliveira, un’illusione rossonera durata poco più di 90′, ma quale erede di Sheva!

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