Football Stories: Angelos Charisteas, il Dio greco del pallone

La domanda è: Dio esiste? Dipende chi hai davanti. Un tuo amico, tuo fratello, tua zia. Ma non importa a chi poni la domanda, importa solo una cosa: da dove viene, l’umano a cui hai posto la domanda. Lo puoi chiedere a un francese e ti risponderà oui. A un tedesco o ad un turco. Ma se lo chiedi ad un greco allora iniziano a cambiare molte cose. Il Dio a cui crede un greco, un vero greco è nato il 9 febbraio. Del 1980. Come del 1980? Un Dio con i jeans e la camicia e magari anche i mocassini non si era mai visto. Quel Dio ha anche un nome e cognome. Si dai, e magari gioca anche a pallone. Esatto, allora sai di chi stiamo parlando.

E chi se li scorda gli anni ’80? Il mondo occidentale è in costante crescita e come in ogni periodo c’è chi se la cava melgio, chi come può e chi peggio. Nel 1981 la Grecia entra nella Unione Europea e sembra un paese in una fase di sviluppo molto importante. Pian piano sta crescendo e crescono anche le opportunità di lavoro e la qualità della vita migliora passo dopo passo. In ordine cronologico però avviene un fatto che ai greci risulterà molto importante. Più che un fatto è una partecipazione, ovvero quella agli Europei di calcio del 1980, tenutosi in Italia. Per una popolazione come quella greca è importante partecipare ad un evento del genere, come a dire “noi ci siamo e sbagliate a sottovalutarci”. In realtà le cose non vanno poi per il verso giusto e la formazione greca, allenata da Panagoulias, pecca a livello di esperienza internazionale. Dopo due sconfitte nelle prime due gare del girone si affrontano al Comunale di Torino (oggi Olimpico) la Grecia e i fuoriclasse della Germania Ovest. Lo 0-0 contro i tedeschi risulterà una magra consolazione per la Grecia, visto che poi la Germania Ovest, vincerà la competizione grazie ad una doppietta di Horst Hrubesch, all’epoca all’ Amburgo. Ma dal bel Paese dobbiamo tornare in Grecia  e precisamente a Serres nella Macedonia Centrale: è un zona che ha visto violenze tra moltissime razze e religioni, visto che Bulgaria e Macedonia, non sono poi così lontane da Serres. Ma qui in un sabato qualunque di inizio febbraio nasce Angelos Charisteas.

Le condizioni per vivere sereni non sono sempre presenti e l’ unica via di fuga sembra essere lo sport. Al basket spesso si preferisce il calcio che non ha grande tradizione in Grecia ma che col passare degli anni, riscuoterà un buon successo. Angelos è attratto dal calcio e gioca quasi tutto il giorno a calcio. La prima parte della sua adolescenza la gioca in una squadra locale chiamata Strimonikos Serron. A 17 anni ha già segnato molti gol e pur essendo un ragazzo alto e ben piazzato, si muove spesso sia fuori che dentro l’ area di rigore avversaria. Ovviamente il punto forte è il colpo di testa. Nell’ estate del 1997 Charisteas viene ingaggiato dall’ Aris Thessaloniki, (conosciuta in Italia come Aris Salonicco) compagine non lontana da casa, militante nella seconda divisione greca. Le buone prestazioni sue, e di tutta la squadra, riportano il club di Salonicco nella massima divisone greca. Angelos, viene però girato in prestito all’ Athinaikos di Atene per giocare di più. Di ritorno da Atene dopo aver segnato solo una rete, rimane a Salonicco e diviene pianta stabile degli undici titolari. I gol iniziano finalmente ad arrivare e tutti i palloni che passano in area di rigore sono serie minacce per le difese avversarie. E come fai a contrastarlo uno così: 192 cm per 84 kg, potenza ed efficacia allo stato puro. In Grecia è una star e le aspettative crescono su di lui, i primi club cominciano a chiedere informazioni su di lui. Il Parma di Prandelli sembra averlo in pugno ma la trattativa sfuma nel nulla. Thomas Schaaf manager del Werder Brema ordina al suo presidente di acquistare la giovane promessa greca.

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Nel luglio del Mondiale nippo-coreano, Charisteas passa al Werder di Brema. Il Werder è una squadra solida composta da Klasnic, Borowski, Baumann e Magnin oltre ad avere un grande allenatore come Schaaf. La partenza di Frings viene rimpiazzata da Micoud ex Parma. Angelos si trova nel posto giusto al momento giusto perchè vivrà a Brema esperienze indimenticabili. A Brema si è stufi di vivacchiare tra il sesto e il decimo posto e questo, Charisteas lo capisce benissimo. Lo strapotere del Bayern Monaco è battibile solo se si è tutti uniti. La stagione 2002-2003 è un deludente sesto posto che non dà la possibilità di giocare in Coppa Uefa. Senza coppe e con una fame di rivincita a livelli estremi il Werder sembra essere una delle poche a potersela giocare col Bayern. Angelos fa a sportellate con chiunque, mentre Ailton grazie alla sua velocità semina il panico tra gli avversari. La squadra di Schaaf è ben amalgamata e a Brema s’ inizia a sognare di vincere il campionato. Werder, Leverkusen e Bayern sembrano destinate a giocarsi la Bundes fino a maggio ma questa è l’ annata del Werder e dal girone di ritorno in poi, la formazione di Schaaf non conoscerà alcun avversario. La stagione del greco non è tuttavia da ricordare e segnerà solamente 4 gol in 24 presenze.

Intanto fra lo stupore di tutti, la Grecia si è qualificata agli Europei di Portogallo. Il girone A composto da Russia, Grecia, Portogallo e Spagna è forse il più equilibrato del torneo. Ovviamente la Grecia parte con tutti gli sfavori del pronostico possibili ma nella gara inaugurale succede l’ imprevisto. Il 12 giugno 2004, nella magnifica cornice del Do Dragao, di Porto, i padroni di casa affrontano la sorprendente Grecia di Otto Rehhagel storico coach del Werder Brema. Al settimo, Karagounis avanza palla al piede, puntando la porta difesa da Ricardo. L’ interista alza la testa e mira l’ angolo alla destra del portiere, Ricardo sembra in traiettoria ma il tiro è potente. La rete si muove e non è un illusione ottica: è 0-1 Grecia. Il pubblico greco è in delirio e la squadra va a festeggiare proprio sotto la curva dei greci. Un ora più tardi, Charisteas la tocca meravigliosamente per Georgios Seitaridis, che passerà qualche settimana dopo, proprio al Porto di Del Neri. Seitaridis tocca la palla ma non fa in tempo a toccarla nuovamente che gli frana da dietro Cristiano Ronaldo. Collina indica il dischetto. Sul dischetto si presenta il mediano Basinas che spiazza Ricardo e la mette al sette: 0-2 Grecia. Nel recupero Ronaldo troverà la sua prima rete in una competizione per nazionali ma servirà a poco: la Grecia vince contro i padroni di casa. Pareggiando con la Spagna ma perdendo con i russi, la Grecia si qualifica ai quarti di finale, passando alle spalle del Portogallo. Il 25 giugno nel nuovissimo impianto dello Sporting, va in scena a Lisbona, Francia-Grecia. Sulla carta è una partita senza storia perchè i francesi possono contare ancora su Zizou, Trezeguet e uno spettacolare Henry. La partita è ferma sullo 0-0 quando intorno al 60esimo accade l’ impensabile. Zagorakis fa fuori Lizarazu sulla fascia con un bel sombrero in corsa, si accentra guarda nel mezzo e calcia sul dischetto. Ad impattare la palla non è un francese in maglia blu, ma un greco in maglia bianca che con un elevazione da capogiro, incorna la palla e la mette al sette, niente da fare per Barthez, è 0-1 Grecia. Il gol di Charisteas andrebbe fatto vedere nelle scuole calcio, per insegnare su come colpire la palla di testa. Zidane e compagni cercano il pareggio ma la difesa ellenica è in forma e non concede niente ai francesi. I tre fischi di Anders Frisk sanciscono il passaggio della Grecia alle semifinali di Euro 2004. Ad Atene si festeggia ovunque anche se ormai si inizia veramente a credere nel sogno di poter trionfare nel torneo. La Grecia affronterà la Repubblica Ceca, mentre i padroni di casa, l’Olanda di Makaay. Vi sono due elementi importanti e comuni fra la partita inaugurale e la semifinale e sono lo stadio (Do Dragao) e l’ arbitro (Collina) il tutto fra presagire che la Grecia passi il turno. Nei 90 minuti le reti non si gonfiano quindi si andrà ai supplementari. Charisteas e compagni vogliono la finale più dei loro avversari e nella mezz’ ora successiva assediano la porta di Cech. La partita adesso è tesa e manca pochi secondi alla fine del primo tempo supplementare. La regola di Euro 2004 prevedeva il Silver Goal ovvero che dopo i 90 minuti chi avesse terminato la prima frazione supplementare in vantaggio avrebbe vinto la partita. Ujfalusi concede un calcio d’ angolo ai greci. Dalla bandierina va Tsiartas e la palla finisce sul primo palo. Nella confusione di quella mini mischia, sbuca la testa di Dellas che impatta quel tanto che basta per sorprendere Cech e tutto il resto d’ Europa. Non c’è neanche bisogno di battere da centrocampo perchè Collina fischia tre volte e manda in paradiso la formazione di Otto Rehhagel. Al Da Luz, tre giorni più tardi si chiude il torneo con la stessa partita con cui è stato inaugurato. Portogallo e Grecia si affrontano a viso aperto anche se il risultato sembra scritto. A Portoguesa viene cantata da circa 50.000 spettatori e lo stadio parla esclusivamente portoghese. Markus Merk dà il via alla finale con la Grecia che iniza il match in possesso di palla. La partita risulta equilibrata, con Charisteas che ha una buona opportunità ma viene chiuso da Ricardo in uscita bassa, anche Nikopolidis è protagonista di qualche buon intervento. Primo tempo a reti bianche. Nella ripresa meglio i lusitani che recriminano due contatti in area con Deco. Al minuto 57 si fa avanti la Grecia con un corner battutto da Basinas. Palla diretta al limite dell’ area piccola, Ricardo esce ma ormai non c’è niente da fare. Charisteas tocca il cielo e con una incornata delle sue mette dentro il gol del vantaggio ospite. I greci che hanno assistito al gol ad un paio di metri da loro, esultano si abbracciano e piangono. La Grecia passa in vantaggio. Il Portogallo attacca con tutti i suoi giocatori offensivi: Pauleta, Figo e un giovane ma spettacolare Cristiano Ronaldo. La Grecia soffre e si difende e dalla parti di Ricardo non si affaccia più tanto spesso. I ragazzi di Scolari continuano ad attaccare ma dopo un rinvio corto di Ricardo, Merk fischia tre volte. Fra le lacrime di gioia dei greci e quelle di resa di Ronaldo, vi è una linea tanto sottile quanto netta. Inutile dileguarsi a scrivere le emozioni di quel trionfo.

L'incornata di Charisteas al Portogallo scrive la storia.
L’incornata di Charisteas al Portogallo scrive la storia

Per Charisteas dopo qualche giorno di vacanza e di pura adrenalina, torna a Brema da vincitore di Bundes e di Europeo. La stagione post- Europeo non è delle migliori e dopo qualche gol in Champions e appena 5 in Bundes, Charisteas si trasferisce nella vicina Amsterdam, sponda Ajax. Danny Blind ha messo gli occhi sul greco e lo vuole a sua disposizione. I Lancieri raggiungono gli ottavi di Champions, venendo poi eliminati dall’ Inter. Ad Amsterdam rimane solo una stagione vincendo anche due coppe. La Grecia non riesce nella grande impresa di qualificarsi a Germania 2006 e quindi Angelos e tutto il popolo greco, sono costretti a vedere il trionfo azzurro dal divano di casa. Da Amsterdam a Rotterdam il passo è breve.

Qui, al Feyenoord, trova finalmente continuità sia con le reti che con le presenze e a fine stagione ne avrà fatti 9 in 28 presenze. Leo Beenhakker però non rimane estasiato dal greco e decide di cederlo in Germania. A soli 27 anni, Charisteas non ha ancora trovato la piazza ideale in cui poter davvero far la differenza e dal 2007 al 2013 cambia ben sette squadre e tre continenti senza mai trovare la doppia cifra con i gol. Norimberga, Leverkusen, Avignone, Gelsenkirchen, Grecia, Arabia e Australia. Destinazioni da far quasi invidia ad un viaggiatore spericolato.

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Ma la domanda che si farà o si sarà già fatto probabilmente il protagonista di questo racconto è: è valsa la pena, girovagare in lungo e in largo, non aver mai fatto il salto di qualità per un trofeo che ha reso orgoglioso un grande popolo fatto di Dèi e magici racconti di una civiltà antica che nessuno al mondo ha mai avuto? A volte è meglio metter da parte i propri obiettivi di far carriera e chiunque di noi è convinto che Charisteas non avrebbe mai cambiato quel trofeo in Portogallo per due anni al Camp Nou o una finale di Champions League. Rendere felice il tuo popolo, la tua gente e le tue divinità non può esser certo paragonato a un gol al novantesimo in una qualsiasi altra finale. Tutti siamo felici che le cose siano andate così, ormai neppure gli Dèi che vegliano sulla Grecia potevano cambiare il corso dei fatti ma da quel 4 luglio 2004, forse forse un ragazzo di 24 anni ha toccato il cielo e le stelle, guardando la Grecia e i suo Dèi dall’ Olimpo più alto di tutti.

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