Football Stories: Paul Gascoigne, un pazzo geniale

 

Maggio 1967, l’uggiosa primavera inglese lascia poco spazio al sole; in una casa di Gateshead, sobborgo britannico vicino alla terra di Scozia, al civico 29 di Pitt Street la voce e le corde di Jimi Hendrix vengono fuori da una radio e fanno a gara con il pianto di un bambino nell’altra stanza; il bambino che si è appena annunciato al mondo è il piccolo Paul, secondogenito di Mr. John Gascoigne.
Qui inizia una storia, la storia di Paul “Gazza” Gascoigne.
Se sei un ragazzino non puoi non avere un sogno, se sei un ragazzino inglese non puoi non sognare, almeno una volta, il football. Purtroppo il passo tra la strada e “the Grass of Wembley” è sempre molto lungo, soprattutto se il tuo soprannome non è ancora “Gazza” ma Paul “Legs Corne-Beef” letteralmente “gambe alla manzo in scatola”, ed è infatti così che lo troverà Brian Clark, allora osservatore del Newcastle.
Dirà Clark “I cieli si aprivano, la pioggia veniva giù e lui era lì. Il cielo si squarciava in due quando Paul toccava il pallone, era un genio. Volevi solo guardarlo giocare, vederlo con il pallone. Dategli la palla, per favore dategli la palla. Paul desiderava attenzione, e il miglior modo per lui di ottenerla era sul campo. Quando oltrepassava quella linea, non c’era nessun altro che gli dicesse cosa fare. Lui stava solo facendo quello per cui Dio lo aveva creato.”
La dirigenza dei Magpies voleva però tal Spraggon, non certo questo ignoto bambino grassoccio. In questa occasione la parte del paladino che ci porta verso la leggenda la recita proprio Brian Clark, il quale, pur di portare il giovane Gascoigne sulla riva nord del fiume Tyne, prese letteralmente a pugni Brian Watson, leader dell’accademia giovanile, reo di aver dubitato del suo giudizio.
Dopo 9 mesi, quasi una gestazione, li convinse.
Non se ne sarebbero mai pentiti.

Non ha il fisico dalla sua il giovane Paul, ma ha un’altra cosa che lo rende diverso, cosa? Nessuno può dirlo in una parola ma è quella cosa che vedi subito in gente come Zidane, Pirlo, Zico, vederla in un ragazzo è certamente più complicato ma ad aiutarti ci sono alcuni indizi come la visione a 360°, non guardava mai i suoi piedi ma sempre avanti, di lato, il compagno vicino, quello lontano, l’avversario; e poi il dribbling, farli fuori uno dopo l’altro, mandarli tutti a vuoto gli avversari, questo si, indica che hai quella “cosa” ma indica anche amore per quello che fai. Bob Jones, vicino di casa dei Gascoigne dirà “Sempre il calcio, anche quando la madre lo chiamava per cena, doveva palleggiare sotto il tavolo”.

Inizia così l’avventura del giovane Gascoigne con i bianconeri dove tra scherzi più o meno irriverenti instaura un solido legame con la squadra ma anche con la bottiglia.
E’ il 1985 e, poco prima di passare alla prima squadra, riesce a vincere una FA Youth Cup anche grazie ad un suo goal in finale contro il Watford. Fu proprio allora che gli venne affibbiato il soprannome “Gazza” probabilmente per quella andatura non proprio elegante, molto alla Mané Garrincha, non sarà la sola congruenza con il fenomeno brasiliano, infatti se il verdeoro era soprannominato anche Alegria do Povo (gioia del popolo) Paul Gascoigne non è da meno. Era facile trovarlo già allora in affollati pub, circondato da “amici” e con una certa tendenza verso gli alcolici (altra similitudine Garrinchana) ma tutto il suo amore verso i sostenitori sugli spalti lo esibiva davvero soprattutto sul campo, era capace di dare tutto “Gazza”, sempre con umiltà, ma allo stesso tempo mostrava un’irriverenza tale che non sempre poteva essere preso con il sorriso.
Fu questo il caso di Vinnie Jones, uomo di cui Sir Alex Ferguson disse “Sarebbe capace di accendere una rissa in una stanza vuota”, che prima della partita in cui il suo Wimbledon avrebbe affrontato il Newcastle e Gascoigne, disse proprio a Paul “Sono Vinnie Jones. Io sono uno zingaro. Oggi la sfida è tra me e te, ragazzo grasso”. Metterà in atto queste parole dando una strizzata ai testicoli di Gascoigne durante il match e, quando a fine partite Gazza gli porterà un mazzo di fiori Jones lo manderà indietro con uno spazzolone da bagno.
Al St.James Park resterà tre anni, collezionando 107 presenze con 25 gol e sarà eletto giovane dell’anno in Premier League nella stagione 1987/88. Fuori dal campo il suo animo buono ed altruista fa a pugni con la pressione dei grandi giocatori, il mondo non è il suo posto ma il campo è il suo mondo, dentro è libero, fuori è oppresso.
Oltre tutto ciò, dopo un’estate in cui si è promesso allo United approderà al White Hart Lane sotto la guida di Mr. Terry Vanables, Ferguson dirà poi che il suo più grande rimpianto sarà proprio quello di non aver preso Paul Gascoigne ma, a differenza del Manchester United, gli Spurs offrirono oltre un ingaggio anche una casa per la famiglia Gascoigne ed un lavoro ai genitori di Paul, (errore che la dirigenza Reds non farà più, vedi Chicco Macheda) e questo, quando nonostante tutto sei un ragazzino altruista con un grande bisogno di attenzione, fa tutta la differenza.

Al Tottenham è tranquillo, rilassato, e solo così può mostrare di cosa è capace, i tifosi lo adorano, gli cantano “he’s fat, he’s round, he bounces on the ground’ ”(è grasso, è rotondo, rimbalza sul campo) con tutto il calore che solo i tifosi inglesi sanno mettere in un canto irrisorio verso il proprio idolo, gli avversari lo odiano, per loro lui è “fattman, porky” gli lanciano i Mars e lui, con tutta la naturalezza di uno che aleggia tra il tempo e lo spazio scarta la confezione come fosse un avversario e mangia lo snack, poi in campo scarta gli avversari come fossero confezioni di merendine, mostrando tunnel e serpentine e bordate dalla distanza, fantastica quella in FA Cup (ancora FA Cup) questa volta in semifinale, ai danni dell’Arsenal, sempre con il sorriso.
Le domeniche a Londra sono caratterizzate da lui e dalle sue follie come l’annusata di ascella all’arbitro, ma questo non gli impedisce di strappare un biglietto per i Mondiali di Italia 90’.

Ci ritornerà poi in Italia, a Roma, sponda Lazio.

L’esperienza laziale è scandita da colpi di testa (nel derby sotto la Nord nel novembre del 1992) e “colpi di testa” come, per dirla con le parole dell’allora Mr. Dino Zoff “Gascoigne, una volta, nonostante io avessi cercato di dissuaderlo, se ne andò dal ritiro la sera del sabato perché era arrivata la sua fidanzata. Il giorno dopo, il giorno della partita, ero a pranzo con una parte del mio staff e me lo vidi piombare completamente nudo al ristorante. Non nudo con gli slip e i calzini: proprio nudo”.
E Gazza mi disse: “Mister, mi hanno detto che mi voleva e non ho fatto in tempo a vestirmi”.
Ovviamente non l’ho fatto giocare ma con uno così, a suo modo geniale, come ci si può arrabbiare?”.
Sempre in biancoceleste, la squadra è in viaggio in pullman verso la Puglia, Gascoigne è seduto in testa al mezzo e legge silenzioso il Daily Mail; il pullman entra in galleria, e dopo 1 km e mezzo completamente al buio, tornata la luce tutti guardano Gazza, lui sta ancora leggendo il giornale, ma è completamente nudo.
Per un rutto in diretta nella tribuna Vip dello stadio Olimpico fu multato dalla società, mentre con un peto in allenamento fece ridere tutta la platea di sostenitori.
Quando Luigi Corino diventò padre portò ai compagni la foto del pargolo, foto che sparì di lì a poco. Il giorno dopo Paul si presenta a Formello con una t-shirt bianca con stampata la foto del bimbo e la scritta “Corino palle grosse”, per omaggiare la generosità del compagno sul terreno di gioco.
Con Zeman alla guida e le cose non cambiano: Gazza gli ruba il fischietto e lo mette al collo di un tacchino, nello spogliatoio minge sui compagni intenti a farsi massaggiare sul lettino, sembra anche che una mattina, ore 10, il Boemo entri in un bar della Capitale e vi trovi Gascoigne, sorriso sulle labbra e bicchiere di Gin in mano.
Durante una conferenza stampa un giornalista norvegese chiede a Gazza di mandare un messaggio al popolo norvegese, la sua risposta? “Fuck off, Norway”.
Paul Gascoigne è uno showman, uno che pare sia cresciuto a calcio ed ironia, durante un ritiro a Seefeld, tra le eleganti e silenziose montagne austriache, mise in scena l’imitazione di Elvis Presley, con cinque compagni di squadra a fare i ballerini in guanti bianchi per completare la coreografia. Un siparietto fantastico e al tempo stesso indimenticabile. Lui a petto nudo, asciugamano sulle spalle (per simulare la sciarpa bianca che rese celebre il re del rock), ciuffo al centro della fronte e microfono in mano a cantare, con Signori, Winter, Favalli, Stroppa e Fuser dietro a ballare. A tutto ciò si alternano splendide prestazioni ma anche tanti, troppi infortuni…fu proprio in seguito ad un contrasto, l’ennesimo che gli fracassa tibia e perone contro un giovane Nesta, che la società romana lo cede.

Dopo l’esperienza alla Lazio, Gazza torna vicino casa, va in Scozia, alla Glasgow “Light Blue” dove vince due campionati, una Scottish Cup ed una Coppa di Lega scozzese da protagonista, dopo aver perso 14 kg in un solo anno. Suo compagno di squadra era allora Gattuso il quale ad un giornalista disse “Vuole che le racconti il mio primo giorno in Scozia? Gazza mi ha cagato dentro i calzettoni di gioco, ma Gascoigne mi ha anche aiutato. Con la scusa della giacca e della cravatta, mi portò in un negozio e mi acquistò dei vestiti. Mi disse che li avrebbe pagati la società, in realtà fu lui a pagarli. Al di là degli scherzi, questo non lo dimenticherò mai”. La follia che lo accompagna cammina molto vicina all’altruismo. Ed alle gite al bar.
Durante un Old Firm, storico derby molto più che calcistico tra i cattolici del Celtic ed i Rangers protestanti, va sotto la curva dei biancoverdi e comincia a suonare un flauto con le dita mimando la sfilata annuale dei protestanti orangisti dell’Irlanda del Nord, sugli spalti vorrebbero ucciderlo e per Gazza è in arrivo la scorta anti-minacce di morte. Meno pericoloso l’aneddoto del cartellino perso dall’arbitro Smith e raccolto dal nostro Paul, che finse di ammonirlo facendosi poi ammonire, forse esageratamente.
Dopo 3 ottime stagioni in SPL torna in Inghilterra vestendo le maglie di Middlesbrough, Everton e Burnley finendo poi in Cina per chiudere definitivamente la carriera al Boston United, di nuovo in UK e tutto questo ce lo dicono gli almanacchi.
Quello che non ci dicono e che per Gazza il ritiro significa tortura, inizia a dare fin troppo peso alla bottiglia adesso che non c’è un pallone a ridargli l’equilibrio, i giornali lo mostrano sempre ubriaco perché questo Gascoigne in copertina vende, ma lo fanno celando quasi tutti i suoi tentativi di riabilitazione; un giorno Gazza è pieno di voglia di rivalsa ed è in una clinica grazie ad una raccolta organizzata dall’amico Gary Lineker, il giorno dopo viene arrestato per aver aggredito l’ex moglie e una guardia di sicurezza presso una stazione ferroviaria; un giorno è pronto a tornare sul campo, una piccola società, un piccolo stadio, un grande cuore per gente che lo ama, successivamente tenta il suicidio. Vuole dimostrare di essere normale ma l’alcool lo chiama sempre… Sorride, è tranquillo dopo si abbatte in preda alle crisi, è psicosi maniaco-depressiva, una malattia che porta a passare da momenti di esaltazione a momenti di depressione in poco tempo.
“Manic depression is catchin’ my soul” cantava Jimi Hendrix, un sorridente Gazza con una bianca asciugamano al collo ed un imponente ciuffo gli fa eco da chissà quale marciapiede, solo e nascosto, la testa ciondolante per l’alcool che gli ricorda di un bambino con in mente un mondo sferico su un mondo verde e rettangolare.
Il suo.

A cura di Luca Manuel Nanì

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