Football Stories: Roberto Baggio, il Divin Codino

In uno dei suoi brani più famosi, intitolato “La leva calcistica della classe ’68”, l’immenso Francesco De Gregori canta “non aver paura a sbagliare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore“. La canzone è datata 1982, anno in cui l’Italia del “vecio” Enzo Bearzot salirà sul tetto del mondo, ma il testo può tranquillamente essere mutuato per descrivere la storia di uno dei più forti giocatori che il nostro paese abbia mai visto. Per alcuni, addirittura il migliore: Roberto Baggio.

LE ORIGINI: Nasce a Caldogno, in provincia di Vicenza, il 18 febbraio del 1967. Che il calcio sarebbe diventato la sua vita si capisce fin da subito, quando decide di non dare ascolto al padre che vuole farlo diventare a tutti i costi un ciclista. Inizia a tirare i primi calci al pallone nella squadra del suo paese, per poi essere ingaggiato dal Vicenza, che al tempo militava in Serie C1. Dopo aver dato spettacolo in primavera, l’allenatore Bruno Giorgi decide di inserirlo nella prima squadra: con 12 gol in 29 partite, Baggio contribuisce alla promozione in Serie B. Le gesta del giovane vicentino non passano inosservate: è la Fiorentina a farsi avanti per prima e acquista il suo cartellino nel 1985 per una cifra intorno ai 2.7 miliardi delle vecchie lire. Nonostante un brutto infortunio due giorni prima della firma sul contratto, il presidente viola decide comunque di completare l’operazione. Come sappiamo, questa si rivelerà una scelta più che esatta.

download

DAL VIOLA AI NEMICI BIANCONERI: Esordisce in Serie A il 21 settembre 1986 contro la Sampdoria, ma la sua prima rete è datata 10 maggio 1987. L’avversario è il Napoli e la partita finisce 1-1: i partenopei di Maradona vinceranno lo scudetto, mentre la Fiorentina riuscirà a salvarsi proprio grazie al pareggio. Proprio contro il Napoli, segnerà uno dei suoi gol più belli, partendo dalla sua metà campo e saltando l’intera difesa azzurra. Portiere compreso. La sua carriera in viola termina nel 1990, dopo ottimi piazzamenti e il raggiungimento di una finale di Coppa Uefa persa contro la Juventus. Già, la Juventus, l’acerrima nemica della Fiorentina, ma anche la sua futura squadra. Il trasferimento in bianconero scatena una vera e propria rivolta nel capoluogo toscano, che provoca feriti e si espande fino a Coverciano, luogo di ritrovo della nazionale italiana che si accingeva a preparare il mondiale casalingo. L’inizio alla Juventus non è dei migliori, fin dalla conferenza stampa in cui – racconta il procuratore Antonio Caliendo – getta via una sciarpa bianconera che gli avevano messo sulle spalle.

56bfbb70b0efac518ab49a16724a4c3d

DAI FISCHI AL PALLONE D’ORO: Il percorso di Roberto Baggio a Torino è stato in continua evoluzione. Dopo un inizio non propriamente idilliaco, i tifosi si ricredono presto su di lui: i fischi si trasformano in applausi, i cori ingiuriosi in vere e proprie serenate. Il Divin Codino ha così conquistato la Juventus, con la quale vincerà i suoi primi trofei e – nel 1993 – verrà insignito del premio individuale più prestigioso: il Pallone d’Oro. Gli screzi con allenatori e dirigenza, però, non mancano. In più, c’è un giocatore che inizia a farsi spazio tra le fila bianconere: si chiama Alessandro Del Piero, che, nel 1995, prenderà definitivamente il posto di Baggio nell’11 titolare costringendolo a trasferirsi altrove.

download (1)

GLI STATI UNITI E QUEI MALEDETTI 11 METRI: È l’estate del 1994 e negli USA hanno luogo i mondiali. L’Italia è allenata da Arrigo Sacchi e il Divin Codino viene sempre schierato in campo. Nella fase a gironi Baggio non brilla e viene spesso sostituito (famoso resta il “ma questo è matto!” rivolto al C.T. dopo la sostituzione contro la Norvegia). Gli azzurri si qualificano a fatica alla fase a eliminazione diretta ed è qui che la sua stella inizia a brillare fortissimo nei cieli americani. Grazie alle sue meravigliose giocate, l’Italia raggiunge la finale contro il Brasile. Nonostante il fantasista n.10 non abbia ancora recuperato da uno stiramento, Sacchi decide comunque di schierarlo titolare. Lui non incide e la partita culmina ai rigori e quel famoso penalty tirato alle stelle sancisce definitivamente la vittoria verdeoro. Al termine della rassegna intercontinentale, Baggio sarà comunque premiato come Pallone d’Argento dei mondiali, immediatamente dopo il carioca Romario, e come vicecapocannoniere con 5 marcature.

download (2)

MILAN E BOLOGNA: Dopo la parentesi alla Juventus, è il Milan ad accaparrarsi le sue prestazioni per 18 miliardi di lire. Quello stesso anno, con Fabio Capello in panchina, la squadra rossonera si laurea campione d’Italia, ma Baggio è ben lungi dall’essere protagonista. La stagione seguente, che vede l’avvicendamento in panchina tra Tabarez e proprio Arrigo Sacchi, è ancora avara di soddisfazioni personali: un rapporto divenuto critico con il suo ex commissario tecnico lo spinge definitivamente ai margini della rosa. Nel luglio del 1997, nonostante la sua intenzione di restare in rossonero, il rientrante Fabio Capello decide di tenerlo fuori dal progetto tecnico e, così, Baggio è di nuovo con le valigie in mano: ad accoglierlo c’è il Bologna di Ulivieri. Nonostante anche in questa realtà non siano mancati gli screzi con l’allenatore, Baggio fa registrare il proprio record di marcature stagionali: 22 gol in 30 partite, che contribuiscono a portare i felsinei a disputare la Coppa Intertoto. Al termine della stagione lascia Bologna per tornare a Milano, stavolta sponda nerazzurra.

fe234fba28d134a8cb1dffb1950a989a-45210-1424279839

IL RITORNO A MILANO E LA CHIUSURA A BRESCIA: Gli anni all’Inter non sono memorabili. Il primo lo vede praticamente tutto dalla panchina, mentre sulla stessa si avvicendano addirittura 4 allenatori. Il secondo è quello targato Marcello Lippi, durante il quale Baggio si rende protagonista di alti e bassi, entrando spesso in conflitto con il tecnico ex Juventus. Memorabile, però, resterà per sempre una sua doppietta al Parma che permette ai nerazzurri di qualificarsi per i preliminari di Champions League. Dopo l’esperienza milanese, decide di abbracciare la causa del Brescia, Qui le cose andranno splendidamente: stringe immediatamente un legame indissolubile con l’allenatore, Carletto Mazzone, e i gol iniziano ad arrivare uno dopo l’altro. Quello siglato alla Juventus nella stagione 2000-2001 è un autentico capolavoro: lancio di un giovanissimo Andrea Pirlo, stop al volo del Divin Codino e contemporaneo dribbling per saltare van der Sar. Nel 2004 mette a segno il suo 200° sigillo in Serie A e, al termine della sua carriera, si piazzerà al sesto posto tra i marcatori di tutti i tempi nella massima divisione con 205 reti. La sua partita d’addio è a San Siro, nel match perso 4-2 contro il Milan durante il quale serve un assist a Matuzalèm. A cinque minuti dalla conclusione viene richiamato in panchina e – dopo un commovente abbraccio con l’eterno Paolo Maldini – raccoglie la standing-ovation di tutto lo stadio.

CFHxt1kW8AEDqkC

La sua vita potrebbe tranquillamente essere il soggetto della sceneggiatura di un capolavoro cinematografico: ha visto vittorie, sconfitte, dolore e gioie. Dopo ogni infortunio lui tornava sempre lì, al centro del campo, a far vedere a tutti – dai moltissimi detrattori agli innumerevoli ammiratori – che lui è la fantasia, il genio e la creatività. Lui è il calcio. “Ah, da quando Baggio non gioca più, non è più domenica”.

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *