Oddo racconta: “Io, barbiere di Camoranesi per una notte a Berlino”

Oddo e Camoranesi, ma anche Buffon e Totti, Inzaghi e Del Piero, Grosso e Toni, Gilardino e Pirlo. Una Nazionale unita come non mai, quella di Marcello Lippi campione del mondo nel 2006, un gruppo compatto come testimoniato dai tantissimi racconti dei protagonisti di quella spedizione vincente. Dettagli che, spesso, fanno la differenza. In quella magica notte del 9 Luglio 2006 in tanti ricorderanno gli azzurri seduti in cerchio attorno a Mauro German Camoranesi, con Oddo munito di forbici pronto a tagliarli il codino. L’ex difensore azzurro racconta esattamente come sono andate le cose, perchè il confine tra barbiere e campione del mondo è sottilissimo:
“Ho sempre tenuto in maniera particolare all’immagine, mi piace essere ordinato. Qualcuno mi ha visto, nel bagno della mia stanza, e da quel momento il passaparola è stato devastante. Un pomeriggio, si è fatto avanti Gattuso. È stato lui il primo.
«Senti, Massimo, ho un problema.»
«Più di uno, Rino…»
«Cosa?»
«Niente, niente. Rino, dài, dimmi, gli amici servono per ascoltare.»
«Ho i ciuffetti fuori posto.»
«Ma vai a cagare, Rino.»
«Non sto scherzando, guardami!»
In effetti, era in condizioni pessime. Non un modello da calendario, più che altro un modello per una pubblicità di passamontagna.
«Va bene, Rino, ti aiuto, ma non chiedermi di farti bello. Sono un difensore che sa usare le forbici, non la Madonna di Lourdes.»
Mi ha ringraziato a modo suo, colpendomi con un pugno. Che carino. Ho aggiunto una sola condizione in cambio: «Però, Rino, mi raccomando. Tienitelo per te.»
«Certo, Massimo.»
La sera mi sono presentato a cena e il resto della squadra ha incominciato a guardarmi in modo strano. Sogghignavano tutti, qualcuno dal fondo ha detto: «È arrivato il barbiere di Siviglia!». Qualcun altro ha iniziato a fischiettare il motivetto dell’opera di Rossini, ovviamente sbagliando, confondendolo con l’Inno alla gioia di Beethoven. Gattuso aveva spifferato tutto in tempo zero. Il problema è che poi dalle prese in giro
siamo passati ai fatti. Buffon ha chiesto un’aggiustatina, prima che si andasse sul pesante, perché Gilardino e Perrotta hanno voluto un taglio completo: «Dài, Massimo,
facci i capelli come i tuoi».
«Ma ragazzi, non sono mica un barbiere!»
«Sì, vabbe’…»
Anni e anni di carriera buttati al vento. Comunque, li ho accontentati. Ogni tanto qualcuno bussava alla porta della mia camera, entrava capellone e usciva rasato. Solo uno rimaneva alla larga: Camoranesi. I compagni, dopo poco più di una settimana di ritiro, hanno iniziato a metterlo in mezzo: «Mauro, ti cerca Massimo».
«Ditegli che non ci sono.»
«Mauro, prima o poi tocca anche a te.»
Non lo lasciavano più vivere. Dai cuochi al proprietario dell’albergo che ci ospitava, il ritornello era sempre lo stesso. Finché un giorno, per evitare quelle rotture, dopo la mia ennesima richiesta, l’ha buttata lì: «Mi lascerò tagliare il codino solo se vinceremo il Mondiale». Come dire: statevene alla larga tu e le tue manie.
«Scommettiamo?»
«Scommettiamo.»
A quel punto, anche Lippi aveva iniziato a prendermi per il culo. Prima della partita contro l’Ucraina, nei quarti, mi si è avvicinato con un’espressione serissima:
«Massimo, te la senti?».
«Certo che me la sento, mister.» Mi sono illuminato, chi rifiuterebbe di partire titolare in una partita dei Mondiali?
«Te la senti davvero?»
«Sì mister, sì! Sono qui per questo!» Ero carico a mille.
«Sai, Massimo, perché ho dei riccioli che mi danno fastidio…»
Il vaffanculo non gliel’ho detto, ma l’ho pensato.
Il resto è storia, compreso Camoranesi seduto sullo sgabello di un fotografo, piantato nel bel mezzo dell’Olympiastadion, mio prigioniero. Ho tenuto il suo ciuffo per un po’ in mano salvo perderlo quando mi sono lasciato prendere la mano dalle
birre nello spogliatoio”.

MASSIMO ODDO

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