Tevez racconta: “Crescere tra omicidi, rapine e droghe mi ha forgiato, ho dimostrato che anche un ragazzo povero può diventare un calciatore importante”

Un’infanzia difficile, un luogo, quello di Fuerte Apache, pieno di problematiche, tentazioni, esempi negativi, dove per molti rubare era più semplice di giocare a calcio e sperare in un futuro migliore. Non per Carlos Tevez, partito dal basso della povertà di Buenos Aires per scalare l’Europa con la maglia del Manchester United e poi vincere campionati con City e Juventus, senza mai dimenticare da dove è partito.

“In Argentina è stato difficile. E’ difficile far capire alla gente cosa ho visto e vissuto a Fuerte Apache, dove sono cresciuto. Lì ognuno fa quello che vuole, senza regole. Sono cresciuto in un posto dove la droga e gli omicidi erano all’ordine del giorno.
Se oggi ripenso a Dario Coronel, ricordo il mio miglior amico, eravamo sempre insieme. Lui purtroppo ha scelto un’altra strada, quella della criminalità, forse quella che sembrava più semplice. Con lui formavamo una coppia da sogno nelle giovanili di All Boys, Santa Clara e Villa Real, ma a un certo punto le nostre strade si sono separate. Coronel fu selezionato per giocare nel Velez Sarsfield, una delle società più gloriose dell’Argentina, ma cominciò a frequentare una gang locale, si diede alle rapine e alla droga e a 17 anni, circondato dalla polizia, piuttosto che farsi catturare decise di puntarsi una pistola alla tempia.
Ho fatto esperienze dure, crescendo molto in fretta. Fortunatamente la vita mi ha permesso di fare una scelta.
Non so se essere cresciuto in quell’ambiente ha fatto di me un calciatore più battagliero, ho sempre giocato a modo mio ma è possibile.
Una volta a Fuerte Apache ti derubavano e ti lasciavano andare via, oggi dopo ti uccidono. Pensano tutti alle proprie vite e non a quelle degli altri.
Dobbiamo mostrare alla gente che ci sono anche ragazzi per bene, come noi, che giocavamo con le palle fatte di stracci, alla ricerca di uno sogno chiamato Europa”.

CARLOS TEVEZ

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