Football Stories: Ammo Baba e la storia calcistica dell’Iraq

Sorge sul fiume Tigri una delle città eterne del mondo arabo. Combattuta, divisa, ma mai rassegnata probabilmente, Baghdad è la città più affascinante del mondo arabo. Peccato però che proiettili e bombe abbiano distrutto non solo i monumenti ma anche l’anima che questa città aveva. Non sappiamo se tornerà ad essere quella che una volta era. Anche in questo paese vi sono degli eroi, degli idoli. Ognuno di questi decide i modi e i mezzi per farsi amare dalla gente. Chi indossa una divisa, chi dà ordini e chi invece calcia una palla e sporca le reti delle porte.

La storia di Ammo Baba và di pari passo con quella dell’ Iraq. Alquanto strano pensare al pallone in una posizione geografica del genere ma l’influenza inglese è troppo forte e se c’è da esportare un prodotto made in England quello è sicuramente il calcio. Come accadde in Sudamerica, anche in Medio Oriente la palla iniziò a rotolare nei primi decenni del novecento. In mezzo però vi sono fatti da tenere in conto: il 13 ottobre 1932 l’Iraq ottenne l’indipendenza dagli inglesi. Gli inglesi costrinsero però Baghdad a siglare un trattato di alleanza e che il territorio iracheno avrebbe accolto le forze armate d’ oltremanica. Passarono soli nove anni e l’esercito inglese invase nuovamente l’Iraq. Al peggio non c’è mai fine e nel 1948 gli inglesi distrussero gli eserciti arabi compreso quello iracheno, per poi formare lo stato di Israele. Ma la storia completa dell’Iraq la potete trarre da altre fonti.

Il primo incontro in terra irachena fu giocato il 17 marzo 1918 a Baghdad fra due scuole. Cinque anni dopo fu fondata la prima squadra della capitale chiamata Medan al-Tarbiya. Dopo una forte influenza inglese sia al livello organizzativo che tattico, il calcio iracheno riuscì a diventare autonomo su tutti i fronti e nel 1948 nacque l’Associazione calcio iracheno la quale due anni più tardi si affiliò alla FIFA. Le squadre di club erano legate a industrie o alle Istituzioni e i calciatori che facevano parte di essi erano impiegati comuni e percepivano anche un modesto stipendio. Il due maggio 1951 si disputò la prima partita in assoluto della Nazionale irachena che pareggiò per due a due contro una rappresentativa turca denominata Basra XI. Nel 1957 si svolsero i Giochi Panarabi (giocati a Beirut) che comprendevano tutte le nazionali del mondo arabo. La partita che inaugurò i giochi fu appunto Iraq contro Marocco terminata per tre reti a tre. Il primo gol messo a segno fu di un iracheno che corrisponde al nome di Emmanuel Baba Dawud, protagonista di questa storia.

“A volte gridavo a squarciagola, Dio perchè mi hai fatto amare così tanto lì Iraq, perché?”  

Emmanuel è un bambino minuto, agile e corre sempre con la palla al piede. La sabbia, le buche e le pietre non consentono una normale corsa della sfera, fa piccoli salti e cambia improvvisamente direzione. La palla non è di cuoio. Magari. Sarebbe bello avere i palloni che calciano Schiaffino e Meazza. Nella base RAF di Habbaniyya non vi sono porte, arbitri e tifosi urlanti. C’è polvere, tanta polvere, perchè siamo ad una cinquantina di chilometri da Baghdad e i prati verdi qui non se ne sono mai visti. Emmanuel viene educato tramite una scuola che per l’epoca non era un lusso ma poco ci manca. La matematica, la geografia e la lingua inglese però non gli interessano più di tanto, lui si innamora dello sport, specie quello con la palla. Passa dalle quattro alle sei ore con la palla al piede, corre, suda e fatica. E’ completamente immerso nello sport. Sembra quasi che ci sia stato un Cristiano Ronaldo da queste parti. Infatti gli iracheni di vecchia data, rivedono in Ronaldo, Ammo Baba. E non solo per la dedizione allo sport. Con l’andare avanti verso l’adolescenza, Emmanuel, sviluppa e perfeziona sempre di più il suo corpo. Si può permettere di percorrere distanze da maratona. A quindici anni fu reclutato nella squadra dei dipendenti RAF assiri. Nel 1955 lascia Habbaniyya e si trasferisce nella capitale, per giocare con le Guardie reali irachene. A dare una svolta al giovane iracheno ci pensa un inglese, anzi uno scozzese che di nome fa Frank e di cognome Hill. Allievo a Londra di un certo Herbert Chapman, Hill giocò per ben ventiquattro anni, vincendo tre titoli inglesi con i Gunners e un campionato di Division 2, col Blackpool nel 1937. Dopo aver svolto il ruolo di allenatore-giocatore nel Crewe Alexandra, Frank Hill, allenò il Burnely per quattro anni, per poi passare al glorioso Preston North End, col quale però non riuscirà a portare in bacheca nessun titolo. Nel gennaio del 1957 viene chiamato in Iraq, non per combattere ma per allenare la squadra militare irachena meglio nota come Al-Quwa Al-Jawiya, ed è qui che viene a conoscere Ammo Baba. Hill rimarrà solo qualche mese in Iraq ma oltre alle proprie valige, sull’aereo che lo riporterà a Londra, desidera far salire anche Ammo Baba. Un centravanti con quelle caratteristiche è raro trovarlo. Lo scozzese ha già in mano un accordo col Notts County ed offre al giovane iracheno un contratto per giocare per lui. Non era questione di soldi per lui, avrebbe guadagnato più o meno la solita cifra ma nel cuore e nella testa di Ammo, non vi era spazio per un’ altra cultura, lingua e tradizione. Non sopportava l’idea di lasciar il suo paese, per sempre o per molto tempo e nonostante tutto anche i permessi di lasciare il paese non andavano di moda. Tuttavia il re, suo ammiratore gli concedeva spesso un biglietto aereo per Londra tanto per curarsi o semplicemente per staccare la spina. Gli inglesi rimanevano di stucco quando i piedi di Ammo sfioravano una palla. Il rumore dei suoi piedi sul cuoio vero e le direzioni che lui decideva di dare sul pallone erano semplicemente favolose e sconosciute ai loro occhi. La voce iniziò a spargersi e iniziarono infatti a piovere contratti per Ammo Baba. Non erano solo ricchi ma provenivano anche da club prestigiosi quali, Fulham, Liverpool e Celtic. Era strano credere che in Medio Oriente vi era un ragazzo così tanto dotato. Sarebbe stato bello metterlo in condizione di competere col calcio occidentale. Ma Ammo rispondeva sempre nel solito modo, amava il suo paese ancor più della sua vita.

Si trovava a Londra quando il 14 luglio 1958 due ufficiali dell’esercito il generale di brigata Abd al Karim Qasim e il colonnello Abs as Salaam Arif, rovesciarono la monarchia e giustiziarono Re Faisal II e molti membri della famiglia reale. Qasim, innamorato di Ammo, chiamò Londra, ordinando ad Ammo di tornare in patria, promettendogli un buon lavoro e un buono stipendio. Il poco interesse a livello organizzativo, riguardo il calcio, permetteva più o meno ogni anno di cambiare squadra senza alcun accordo o contratto scritto. I club come già citato appartenevano alle Istituzioni. Per poco meno di due anni, Ammo Baba divenne allenatore-giocatore del Club Sportivo assiro, club che poi il governo decise di sciogliere in quanto, appunto, assiro. Ammo tornò così alla squadra dell’ Aeronautica militare e dopo due anni vinsero campionato e coppa. Ma le partite spesso finivano in rissa per diversi motivi e se possiamo elencarne alcuni sono i seguenti: gli iracheni non erano dei tipi che contavano fino a dieci (e nemmeno fino a cinque) e che il calcio rappresentava una valvola di sfogo per uomini che si sentivano traditi dal proprio governo. Lasciando da parte l’odio per la monarchia, i due membri principali della giunta militare al comando del paese, non avevano nulla in comune. Arif dava importanza al legame con l’Egitto mentre Qasim guardava al sostegno del potente partito comunista iracheno. Qasim prevalse e condannò a morte Arif poi graziato nel ’62. Qasim si creò molti nemici, tra i quali i paesi confinanti (su tutti Iran e Kuwait) e riuscì a frasi odiare anche dal partito baathista, che nel 1959 si affidò ad un ventiduenne del partito per cercare di assassinare Qasim. Dettaglio di poco conto è il nome del ventiduenne: Saddam Hussein. Qasim rimase solo ferito mentre Saddam fuggì prima in Siria poi in Egitto in cui studiò giurisprudenza in attesa di poter tornare in Iraq. Nel 1964 Ammo fu nominato capo dell’Aeronautica militare ma fu subito scomunicato in quanto si rifiutò di aderire al partito baathista. Era un grande atto di coraggio poichè il suo gesto significava avere molti svantaggi nella vita di tutti i giorni: pochissime razioni di cibo, nessun conto in banca e guai ad avere la casa. Più si era in alto sulla scala gerarchica e più vantaggi vi erano ma ci si comprometteva moralmente e per Ammo questo contava più di qualsiasi altra cosa. Si trasferì così all’Accademia militare e seppur stava diventando vecchio, era ancora in grado di saperla nascondere agli avversari e riuscì addirittura a segnare due gol alla Corea del Nord. Sì quella Corea del Nord, che nel ’66 fece fare un’ orrenda figura all’Italia. Dopo un grave infortunio subito nel 1966 si curò a Londra e una volta guarito tornò in patria. Non aveva più il passo ne l’agilità e il 12 marzo 1967 giocò a Tripoli la sua ultima partita con la nazionale.

Tre anni dopo decise di abbandonare il calcio giocato dopo una sonora sconfitta contro l’Al-Shurta per cinque a zero. Ora doveva però mantenere la moglie Josephine, un’ insegnante che aveva sposato nel ’60 e due figli, Mona e Sami. In occidente avrebbe avuto tanti più soldi e tutte le agevolazioni del mondo, invece era iracheno e la vita non gli regalava un bel niente. Decise così di allenare a tempo pieno. Iniziò dalla squadra dell’ Esercito. Era un buon allenatore, schietto e sincero e non veniva mai pagato. Nei primi anni del settanta molti assiri decisero di lasciare il paese per cercare fortuna nei paesi anglosassoni, specie negli Usa. Ammo si rifiutò più e più volte, provocando violente liti con la moglie. Ammo non avrebbe lasciato per nulla al mondo il suo paese anche se proprio il suo paese non gli dava la sua giusta riconoscenza. Durante i primi cinque anni dei settanta allenò molte squadre spesso senza nessun contratto e stipendio fisso. Nel 1978 riuscì finalmente ad allenare la Nazionale con cui trionfò nello stesso anno alla Coppa del Golfo, competizione che si giocava ogni due anni. L’Iraq non era un paese povero ma non aveva le cifre adatte per soddisfare e richieste che il mondo del calcio pretendeva. Nel 1973 la federazione acquistò dei biglietti aerei a metà prezzo per Melbourne dove la Nazionale avrebbe giocato lo spareggio per i Mondiali tedeschi. Il viaggio iniziò con dieci ore di bus verso Kuwait City, poi dieci ore di attesa per l’aereo che li avrebbe portati in India. Dall’India a Bangkok, altre dieci ora di attesa. Da Bangkok a Sydney altre dieci ore di attesa con successiva e naturale sconfitta per tre a uno e accesso ai Mondiali fallito. Altre volte invece i calciatori convocati hanno dovuto pagarsi volo e hotel di tasca propria. Non era assolutamente un paese libero l’Iraq, il popolo non parlava mai di politica ed anche fra amici vi era paura perchè se qualcuno avesse parlato male del governo avrebbe rischiato il pestaggio, mentre la spia avrebbe goduto di ottima stima. Sembra che 1984 di George Orwell non sia così tanto lontano dall’Iraq di quegl’anni. Come se non bastasse, pian piano si stava facendo strada questo giovane Saddam Hussein. Aveva tre anni in meno di Ammo Baba ed era nato il 28 aprile 1937 ad al-Auja. Dopo la morte del padre, la madre si risposò e Saddam si trasferì a Baghdad in cui fu cresciuto dallo zio Khayrallah Tulfah, un ufficiale dell’esercito antisemita e anti occidentale. Nel 1963, Hussein sposò sua cugina Sajida da cui ebbe due figli Uday e Quasay e tre figlie Raghad, Rana e Hala. Si pensava che la paternità lo affievolisse, invece divenne ancora più duro e deciso. Saddam utilizzò il prezzo del petrolio alle stelle per arruolare veri e propri sicari e nel luglio 1979 convinse il generale (e suo amico) al-Bakr a lasciargli il posto. Il 16 luglio 1979 all’età di quarantadue anni, Saddam divenne capo di stato. Ammo e Saddam tuttavia godevano di stima reciproca. Ammo Baba si riteneva anche un buon allenatore e nel mondo arabo era l’allenatore che stancava di più i suoi giocatori: due volte gli 880 metri, sei volte i 440 metri, otto volte i 220 metri dodici i 100 metri e infine quattordici volte i cinquanta metri poi scatti brevi e improvvisi. I risultati gli diedero ragione. Sconfisse gli Emirati Arabi Uniti, squadra non irresistibile che però era allenata da Don Revie il celebre ex allenatore del Leeds United e dell’Inghilterra, insomma uno che il calcio lo conosceva e non poco. Fu stupito dei suoi avversari e chiese ad Ammo come facesse a mantenere in forma questi arabi. Ammo rispose che preferiva arruolare i ragazzini di sedici anni e farli lavorare duro fin da subito, trasformandoli così in calciatori. Il calcio di Ammo e i suoi metodi di allenamento si basavano su quattro principi fondamentali: forza, resistenza, tecnica e rapidità. Nel 1981 infatti, vinse con l’Al-Talaba, il titolo nazionale. Ma dopo l’invasione irachena ai danni dell’Iran avvenuta il 23 settembre 1980, tutto cambiò. Saddam investì molto denaro sul calcio. La guerra portò via molti uomini e molti soldi. Nel 1985 Hussein Kamil, genero di Saddam disse a Sabah Mirza, presidente dell’IFA che per risollevare il morale nazionale era fondamentale far vincere il campionato alla squadra dell’ Esercito. Gli arbitri fecero di tutto per far sì che questo accadde. Partite durate venti minuti in più e rigori inesistenti vennero fischiati a favore della squadra dell’Esercito. Nonostante Saddam stesse pian piano rovinando il calcio iracheno, ad Ammo non interessava, non perchè si sentiva complice ma solo perchè lui non trattava di politica ma solo di calcio. I risultati continuarono ad arrivare. Una volta nominato allenatore della Nazionale Ammo portò l’Iraq ai Mondiali del 1986 e ai giochi olimpici del 1980, ’84 ed ’88 e riuscì anche vincere la Coppa del Golfo per tre anni su cinque. L’ Europa si accorse definitivamente di lui quando nel 1975 pareggiò zero a zero con la Turchia e con la Finlandia vincendo poi nel 1979 contro la Germania Est per una rete a zero. Ammo poteva contare su attaccanti di ottima fattura come Hussein Saeed e Falah Hassan ma Saddam cedette nel 1984 il governo dello sport a suo figlio ventenne Uday.

Il “ma” è non è stato messo a caso. Sotto le direttive e gli ordini di Uday lo sport iracheno subirà un crollo verticale spaventoso. Atleti rinchiusi nelle camere di tortura e lasciati soffrire con delle pene severissime. A vent’anni Uday girava su una Bmw bianca insieme alle sue guardie del corpo e frequentava la terrazza del Mansour Melia Hotel, in cui cercava giovani ragazze da stuprare. Oltre a loro appunto, Uday maltrattava e minacciava anche i giocatori. Poteva succedere che chiamasse anche all’intervallo di una partita. Ammo Baba lo mandava al diavolo urlandogli che non capiva niente, e non solo di calcio. Ammo era l’ unico o uno dei pochissimi che poteva permettersi di trattare Uday in quel modo. Ammo Baba veniva venerato sia da Saddam che dal popolo, per questo non è mai stato rinchiuso o torturato, perchè era un eroe per il popolo iracheno. Gli scontri verbali e non, tra Ammo e Uday saranno moltissimi e per diversi motivi. Le aspre critiche rivolte ad Ammo come persona e allenatore facevano infuriare l’Iraq. I calciatori osannavano Ammo ma non potevano renderlo pubblico poichè sarebbero stati portati nelle celle di tortura. Anche gli arbitri si trovavano in difficoltà. Le squadre di Uday erano avvantaggiate su ogni fronte e ovviamente l’arbitro sapeva cosa fare per non essere torturato. Nel 2003, Bush diede l’ultimatum alla famiglia Hussein di lasciare l’ Iraq. I due figli la presero a ridere ma qualche settimana dopo i paracadutisti americani uccisero, grazie ad una soffiata, Uday, Qusayy (fratello di Uday) e suo figlio quindicenne. Intanto la vita di Ammo si divise fra Iraq e importanti tornei giovanili in occidente. Per prima la Gothia Cup giocata in Svezia a cui presero parte più di mille club giovanili con atleti divisi fra i quindici e i diciotto anni. Ma mentre Ammo si trovava in Svezia coi suoi ragazzi, in Iraq la situazione iniziò a precipitare: sparatorie, decapitazioni e kamikaze, Baghdad sembrava un altra città. Ammo stava male per il suo paese come del resto ha sempre ammesso. Mentre la nazionale irachena arriva ad Atene a giocarsi le Olimpiadi (che poi arriverà fino alla semifinale) Ammo torna in Iraq e si accorge che Uday è idealmente ancora vivo nella testa di troppe persone. L’Iraq non ha pace. La famiglia di Ammo, compresi i suoi figli si trasferiranno a Chicago in cui viveva una notevole comunità assira. Ammo invece rimane in Iraq e fonderà alcune scuole calcio per ragazzini che hanno voglia di non pensare e di non sentire: solo di giocare e divertirsi. Il 20 gennaio 2006 durante la notte, alcuni sconosciuti e a volto coperto, irrompono in casa sua dove gli bendano gli occhi e lo colpiscono ripetutamente e pesantemente con qualsiasi oggetto. Il tempo passa per tutti e anche per Ammo non farà eccezione. 27 maggio 2009 è un mercoledì il giorno in cui Ammo Baba lascerà per sempre la terra, la sua terra quella che lo ha stretto forte ma anche tradito, offeso e picchiato. Soffriva di diabete e le complicazioni e le mancate cure non gli hanno lasciato scampo. I funerali saranno svolti qualche giorno dopo in cui le bombe e i proiettili saranno assenti. In patria inutile dirvi che cosa rappresenta. Quando d’ora in poi leggerete di calcio arabo ricordatevi chi ha reso tutto questo possibile. Non ci sarà mai più una persona come lui, da quelle parti. Lunga vita ad Ammo Baba.

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