Che fine ha fatto: Hristo Stoichkov, il genio spaccone

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Un uomo duro, forte, orgoglioso, plasmato nel mondo comunista della sua Bulgaria che tanto ama e tanto critica. E’ questo, in sostanza, Hristo Stoichkov: un campione con carattere da vendere, che spesso lo ha fatto ammirare o messo nei guai. capace di donare premi agli orfanotrofi e ai centri di ricerca, ma anche di rispondere in spagnolo, con traduttore, ai giornalisti bulgari. Uno, che di certo, non passa inosservato, e il cui motto era “Dio ha dimostrato di essere bulgaro”.

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Il forte soldato – Il mondo comunista bulgaro di allora non doveva essere facile. Riuscire a mantenersi, poi, un’avventura. Il calcio comincia a portargli soldi per il mantenimento (circa 1.000 euro al mese), in quanto, evidentemente, essere maresciallo dell’esercito non paga così bene. Il calcio, già. Il ragazzo si mette in mostra grazie al suo fisico possente abbinato ad un mancino capace di sparare delle vere fucilate. Questo lo porta a giocare, tra il 1984 ed il 1990, in una delle due squadre principali della capitale, il CSKA Sofia, mettendo a segno 81 reti in 119 partite. Una delle due, giusto. L’altra è il Levski Sofia, squadra sciolta insieme ai rivali a seguito di una delle risse più vergognose della storia del calcio bulgaro, a cui anche l’ex maresciallo partecipa, venendo radiato dall’albo dei calciatori. Pena che viene poi ridotta in una squalifica, ma che gli fa perdere il mondiale del 1986 in Messico.

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L’affermazione del fenomeno – Nel 1990, comunque, Cruijff lo vule fortemente al Barcellona, una delle squadre più forti d’Europa. Inizialmente, il temperamento impulsivo fa pensare che il ragazzo non sia adatto alla vita in occidente, e spesso finisce nei guai. All’esordio, un pestone dato all’arbitro gli costa un’altra squalifica, mentre circolano addirittura voci che il ragazzo slavo rubi nello spogliatoio ai suoi ex compagni. Dopo un paio di anni, tuttavia, il bulgaro riesce finalmente ad ambientarsi e vedere le differenze tra la Spagna ed il suo Paese di origine (che critica spesso e volentieri, aiutando i bisognosi ma criticando l’indole pigra e violenta di tanti suoi connazionali. Ai giornalisti bulgari, addirittura, si rifiuta di parlare nella sua lingua madre). Ma trovata la serenità (e “strigliato” dalla moglie che in Bulgaria a fare la commessa non vuole tornare), con la decisione adddirittutra di ridursi volontariamente l’ingaggio, torna anche alla ribalta la bravura: in cinque anni arrivano anche 76 reti in 151 partite, 4 scudetti, 3 Supercoppe di Spagna, 1 Champions League ed una Supercoppa Europea. Al contempo, trascina la propria Nazionale in semifinale ai mondiali del 1994. Vince un pallone d’oro.

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Il declino in Italia – Stoichkov, che ammette di non essere uno stinco di santo, tiene comunque dei rapporti a volte conflittuali con Cruijff, che nel 1995 lo mette sul mercato. Ad aggiudicarselo è il Parma, che lo paga a peso d’oro e costruisce una squadra con l’intenzione di puntare allo scudetto. L’inizio è promettente, ma è presto ovvio che anche con Nevio Scala i rapporti non siano idilliaci. Troppe distrazioni tattiche, troppi errori banali, ed un atteggiamento di strafottenza che poco piace a società e tifosi. L’atteggiamento impulsivo di Hristo lo porta a dire frasi come: “un anno a Parma, che noia!” o “con i giornalisti italiani non parlo, su di me hanno scritto un sacco di fesserie“. Prestazioni incolore e atteggiamenti vivaci convincono i ducali a ricederlo al Barcellona, perdendoci 4 miliardi di vecchie Lire, pur di non averci più nulla a che fare.

Il termine della carriera – A Barcellona torna per due anni, non incidendo particolarmente sebbene la sua squadra vinca, e molto. Torna poi al CSKA, restandoci poco sempre per quel su rapporto conflittuale che ha verso la propria Patria. Inizia poi allora a girovagare, Medio Oriente, Giappone, Stati uniti. Decide, una volta ritiratosi dal calcio giocato, di tornare in Spagna, in qualità di vice-allenatore. Allena poi la propria Nazionale (sempre creando polemiche). Torna quindi in Spagna ad allenare il Celta Vigo e tenta un’esperienza sudafricana.

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Che fine ha fatto? – La notizia però è un’altra. E cioè che in Patria, tanto per cambiare, Hristo non riesce a stare. Dona soldi a UNICEF e orfanotrofi a Sofia, ma critica continuamente il Paese est-europeo. Allena, nel 2012, il Litex, venendo multato dalla Federazione dopo aver “minacciato”, o comunque fatto commenti ingiuriosi, sul presidente della stessa. Nel 2013, torna per la terza volta al CSKA di Sofia, dimettendosi dopo solo un mese. Un temperamento non facile, ma obiettivo: tanti anni in occcidente hanno aperto gli occhi a quel ragazzo insolente che con la Nazionale tornava sempre in ritardo e creava problemi. Hanno trasformato un uomo in un professionista, salvo la parentesi italiana.

Evidentemente, Hristo riesce a dare il meglio solo se in un ambiente intorno a sè sereno. Ad oggi fa ancora sponda tra Spagna e Bulgaria, ma di offerte da allenatore all’orizzonte non se ne vedono. Mentre la sua Bulgaria, negli anni, è comunque cambiata, lui no. Lui rimane il sergente generoso e severo allo stesso tempo, con quell’impulsività a cui auguriamo di trovare il suo posto. Ma il suo cuore è grande, e pare, ad oggi, che voglia comprare il suo “amato/odiato” CSKA, pieno di debiti, e chissà che stavolta non sia quella buona.

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