Carrick racconta: “L’errore nella finale di Roma il punto più basso della mia carriera”

Minuto numero nove della finale di Champions di Roma, ad affrontarsi ci sono Manchester United, campione d’Europa in carica, ed il Barcellona di Pep Guardiola. Un appoggio sbagliato di testa di Micheal Carrick dà il là all’azione spagnola: Xavi dopo uno scambio con Iniesta serve Messi, l’argentino appoggia a Iniesta che manda in gol Eto’o. Un’azione nata da un passaggio sbagliato del centrocampista inglese, ma non un errore da matita blu visto che la fitta trama di passaggi dei catalani è andata avanti per diversi secondi prima del gol di Eto’o. Eppure c’è chi per quell’errore ha perso il sonno più di una volta, a raccontarlo è lo stesso Carrick:

“Quell’errore in finale contro il Barça è stato il punto più basso della mia carriera, un peso che mi sono portato dentro per diverso tempo, un errore, seppur non macroscopico e non causa diretta del gol, di cui non mi sono mai capacitato e che mi ha completamente distrutto.
Mi ero battuto tanto per raggiungere quell’obiettivo, ma dopo quell’errore mi sono chiesto più volte come fosse stato possibile ed è stato questo a farmi cadere in depressione per due anni.
Avevo vinto la Champions l’anno prima ed il Mondiale per club a dicembre, ma era assolutamente irrilevante in quel momento.
Il calciatore è visto come una macchina che ottiene risultati, gara dopo gara, perché viene pagato bene e deve giocare bene ogni match per il club.
Ma non è così, non è facile dimenticare.
Dopo la finale sono tornato a casa, non ho parlato con nessuno della partita.
Guardavo mia figlia Louise giocare, ma la mia testa era a chilometri di distanza, ancora a Roma.
Quella sera ho lasciato Roma, ma lei non mi ha abbandonato per diversi anni.
Diversi compagni di squadra hanno provato a chiamarmi in quei giorni, ma non ho voluto parlare con nessuno, neanche con Ferguson: il dolore era troppo forte”.

MICHEAL CARRICK

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