Football Stories: Bobby Moore, un Dio che parla inglese

Euforia. Si respirava aria diversa in Inghilterra quando finalmente iniziò l’ottavo campionato mondiale riservato alle nazionali. Nella mente di ogni inglese sarà di certo passata l’immagine di Bobby Moore che alza al cielo la Coppa Rimet. Per fortuna l’immaginazione è servita a ben poco perchè è bastato aspettare una ventina di giorni per far sì che il sogno diventasse realtà. Ad alzare la Coppa non poteva esserci altro che lui, Bobby Moore, capitano e bandiera del West Ham per quasi vent’anni. Già Bobby Moore, all’anagrafe Robert Frederick Chelsea Moore.

Mentre la seconda guerra mondiale metteva in soqquadro l’intero pianeta, nella periferia est di Londra, precisamente in un quartiere chiamato Barking, nasceva nel 1941, Robert Moore. Ovviamente partì a giocare in strada, tra zaini usati come pali e una traversa immaginaria equivalente a dove arrivavano le mani del portiere mentre questo saltava. Robert non amava molto segnare e dalla trequarti in su era uno come tutti. Ma non era uno qualunque dietro al centrocampo, in cui mostrava tempismo e sicurezza e spesso ricopriva il doppio ruolo di portiere e difensore. Subito dopo la fine della guerra bisognava ricostruire tutto: le case, la quotidianità e le squadre di calcio. Il calcio. Come si fa a non pensare a ricostruire il calcio nel Paese in cui è nato questo meraviglioso gioco? La prima squadra fondata in Inghilterra fu lo Sheffield Football Club, anche se prima di questa ve ne erano molte altre ma organizzate alla “viva il parroco”. La fondazione del club fu datata 24 ottobre 1857 e come prima sede del club fu utilizzata una serra. Nella prima metà degli anni 1860, furono fondate molte altre squadre prendendo proprio esempio dalla prima citata. Nei primi anni ’40 esistevano già moltissime squadre, molte delle quali ancora oggi esistenti. Tra il 1940 e il 1945 però, tutte le competizioni sportive nazionali e internazionali furono bloccate dalla seconda guerra mondiale. Tra le conseguenti macerie dei bombardamenti c’era chi però aveva ancora voglia di dimostrare che il caro e vecchio football non era assolutamente morto. Di fretta e furia furono ripresi i campionati e le amichevoli. Il primo titolo del dopoguerra lo vinse il Liverpool, staccando di un solo punto i vicini odiati del Manchester United. A Londra intanto è caccia al talento che promette di più e alcuni operai e addetti ai lavori suggeriscono ai soci del West Ham di tenere d’occhio un certo Robert Moore, un ragazzino dal viso angelico e i capelli biondi. Ad appena 15 anni, Moore sceglie gli Hammers e dopo due anni di giovanili a livelli eccezionali, viene promosso in prima squadra. E qui siamo al punto di partenza.

Nessuno avrebbe mai immaginato che quel ragazzino docile, educato ed elegantissimo con la palla fra i piedi, avrebbe giocato per il West Ham, 544 volte e messo a segno 24 reti. Il Boleyn Ground, che sorge ad Upton Park, trascina la formazione di casa pur non essendo ai piani alti del calcio inglese. Dopo una decenalle permanenza nella Second Division, nel 1958, gli Hammers ottengono finalmente la promozione in First Divison, ovvero la Serie A. Chiamatela come volete, coincedenza, casualità o semplicemente Bobby Moore, vogliono che il West Ham salga di categoria dopo solo qualche mese che Bobby vesta claret and blue e che retroceda in Second Division dopo solo 3 anni che Bobby lasci Upton Park. Per tutta la sua carriera al West Ham, Bobby ha giocato solo in First Division. Nel 1964 vince il suo primo trofeo ovvero la FA Cup, battendo in finale un meraviglioso Preston North End, in una gara vinta per 3-2 solo al 90esimo grazie ad una rete di Ronnie Boyce. Dopo un solo anno West Ham e Liverpool si giocano il Charity Shield e le assurde regole di allora volevano che in caso di parità, si assegni il trofeo ad entrambe le formazioni. E pareggio fu, grazie al celeberrimo talento di Geoff Hurst che portò a 6 minuti dalla fine il risultato definitivo di 2-2. Moore gioca in mediana, smistando palloni e dettando i tempi meglio di un metronomo. Nello stesso anno Moore si porta a casa anche la Coppa delle Coppe battendo in finale un modesto Monaco 1860 nel pieno degli anni di gloria in Germania. Ma in Inghilterra si comincia a fremere. Ci si chiede se Eusebio sia più forte di Pelè. Ci si chiede se quel giovanotto del Bayern di nome Franz Beckenbauer possa fare strada. E inevitabilmente ci si chiede dove possa arrivare la Nazionale inglese, guidata per lo più da Banks, Hurst e i due Bobby, Moore e Charlton, insieme al fratello di quest’ ultimo, Jack.

L’Inghilterra pareggia all esordio con quei guastafeste degli uruguagi ma poi vince per 2 reti a zero le seguenti partite con Messico e Francia. Ai quarti, gli inglesi trovano gli argentini ma grazie alla spinta dei 90.000 di Wembley e al gol di Hurst, la formazione di casa accede alle semifinali in cui incontrano il Portogallo del temibile Eusebio. I due Bobby decidono di tirarsi su le maniche e di eliminare Portogallo ed Eusebio sognando la finale. Bobby Charlton realizza una doppietta in 50 minuti ma il rigore realizzato da Eusebio a pochi minuti della fine fa passare dei brutti momenti ai padroni di casa. Si arriva così al 30 luglio e davanti ci sono i tanti odiati tedeschi. La partita è al cardiopalma e dopo il 2-2 dei 90 minuti, i tedeschi appaiono stremati, con un Beckenbauer non in giornata di grazia. Hurst sale in cattedra e la doppietta realizzata nei tempi supplementari regala il torneo agli inglesi, dopo aver segnato anche una rete nei regolari 90. In tribuna è subito delirio, esultano tutti, compreso Pickles, il bastardino che ritrovò la coppa sotto terra. Moore a fine torneo verrà eletto miglior giocatore del torneo, surclassando un giovane quanto promettente Beckenbauer che giocava in mediana, prima di retrocedere a libero, ruolo in cui diverrà Kaiser. bobby_moore

4 anni più tardi agli inglesi tocca difendere il titolo in Messico. La miglior gara di Moore in Messico la giocò contro i favoriti del Brasile, nella quale annullò tecnicamente Jairzinho e Pelé, privandoli dei loro punti di forza, dribbling e velocità. Quella partita passerà alla storia perchè Gordon Banks compie su un colpo di testa di Pelè la parata più bella di sempre. Con un grandioso colpo di reni ed una grande reattività, Banks respinge un incornata ravvicinata di Pelé. Al turno successivo gli inglesi pescano la Germania Ovest e ai supplementari Moore e compagni si dovranno arrendere allo strapotere tedesco.

Nel 1974 dopo 15 anni nelle file del West Ham, Moore passa al Craven Cottage per giocare 3 anni col Fulham. Arriva in finale di FA Cup ma perde per 2-0 contro il suo amato West Ham. Nel 1977 passò al Blackburn Rovers, per poi trasferirsi come da tradizione per ogni campione, nel campionato americano, prima nei San Antonio Thunder e poi nei Seattle Sounders, nel 1978, giocando 7 partite. Dopo essersi ritirato nello stesso anno, Moore non se la passò proprio bene, causa affari andati male e divorzio con Christina Dean, sua moglie per 23 anni. Nel 1993 Moore annunciò pubblicamente, di soffrire per un cancro all’intestino. Moore se ne andò il 24 febbraio dello stesso anno. Nel 2001 Philip Jackson costruì davanti al Boleyn Ground una statua di bronzo di 5 metri, raffigurante Hurst, Peters, Wislon e Moore ovvero i grandi del West Ham nella vittoria del mondiale del ’66. Altra statua raffigurante Bobby Moore, fu eretta al nuovo Wembley, con Moore a braccia conserte e con una palla ai piedi. Questa è la sottile differenza tra Inghilterra e Italia. Alle leggende inglesi vengono costruite statue, dedicate vie nei pressi dello stadio, dedicate tribune e curve e nel miglior dei casi un aereoporto, come nel caso di George Best, unico uomo al mondo a metter d’accordo tutta l’ Irlanda del Nord. Nel 2008 in occasione del 50esimo anniversario dell’esordio di Moore con gli Hammers, la società decise di ritirare la maglia numero 6, in suo onore. Se vi capitasse la fortuna di vivere una giornata nei pressi di Upton Park, vi renderete conto dell’immensità di Moore e la gratitudine che gli hooligans del West Ham provano per questo meraviglioso, unico ed irripetibile calciatore.

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