Football Stories: Carlos Caszely, quando dire no è controcorrente

Prima dell’11 settembre, c’è stato, purtroppo, un’ altro 11 settembre. 1973. Lontano da New York, e lontano anche dalle pagine di storia. Non importa quanto poco se ne parli oggi, è come protestare quando ormai l’arbitro ha fischiato.E’ successo, guardiamo avanti. Al Cile è capitato questo. Si sta rialzando dalle macerie e dai disastri degli anni ’70. Come spesso accade in questi Paesi, il calcio gioca un ruolo di primissimo ordine. Come spesso accade in questi Paesi, gli eroi non sempre portano gli stivali, ma indossano le scarpe da calcio.

21 novembre 1973. Undici uomini in campo, più uno col fischio in bocca. La palla viene toccata e lentamente, avanza verso la porta avversaria. Francisco Valdes, calcia la palla verso la porta che, senza urtare niente e nessuno, varca la linea di porta e sporca la rete. A meno che la rete non sia già sporca di sangue. Sembra una scena horror, in realtà lo è perchè i fatti che accadono prima di quel giorno, descriverli horror, sarebbe offensivo, verso chi è morto, verso chi conduce una vita fatta di ricordi (tristi) di quel periodo. Pinochet evoca scene che non dovrebbero mai più accadere. Da nessuna parte. Prima ha bombardato la residenza presidenziale, costringendo Allende al suicidio, poi in trentasei mesi ha torturato, ucciso e gettato in mare circa 135.000 persone legate in qualche modo al socialismo cileno. Centotrentacinque mila. Per combattere Pinochet e la sua dittatura è necessario il calcio, sport usato molto spesso, per contestazioni politiche. Certi atteggiamenti si possnoo avere solo in uno stadio. Gli stadi cileni, all’epoca, sono usati e visti come rifugi. Un’unica voce che contesta, offende ed odia Pinochet e i suoi scagnozzi. Striscioni, cori e colori. Ogni strumento è buono. Ma ci deve pur essere un leader, un portavoce, magari in campo. Fortunatamente c’è. Carlos Humberto Caszely.

Mentre si sta consumando il Maracanazo, dall’altra parte del Sudamerica è appena nato Carlos Caszely. Ci troviamo a Santiago del Cile, una città che si sta evolvendo e anche la popolazione sta aumentando a dismisura, grazie agli arrivi di migliaia di persone, provenienti da tutto il Sudamerica. La situazione politica non è però sempre tranquilla. Negli ultimi anni dell’800 vi erano in Sudamerica inglesi pressochè ovunque e in Cile vi era una forte influenza europea. La nascita del calcio in Cile avviene a Valparaiso. In questa meravigliosa città nasce la Associacion Nacional de Futbol de Chile e il club Santiago Wanderers la squadra più antica del Cile, nata nel 1892. Passano gli anni, i decenni e le partite e in Cile, il calcio acquista fama e visibilità come in tutto il Sudamerica.

Piccolo di età e anche di fisico, il giovane Carlos passa il tempo fra i campetti in cemento del suo quartiere e come in tutto il Sudamerica, il calcio gli scorre nelle vene. Poco importa se sono gli anni cinquanta. Carlos sostiene e supera un provino per il Colo Colo, la squadra più titolata del Paese. C’è in Carlos una doppia soddisfazione perchè è anche la sua squadra del cuore. Dopo molte reti, arriva finalmente l’esordio in prima squadra, nel 1967. Lo fa esordire Pedro Morales Torres, al suo ultimo anno come allenatore del Colo Colo. L’anno seguente andrà ad allenare il Club Deportes La Serena. Molti in città, hanno sentito parlare di questo Caszely, figlio di un ferroviere ungherese ma a molti non torna tanto il fatto che questo giovane centravanti non arrivi neanche al metro e settanta. Prima regola, evitare i cross. Seconda regola, buttare la palla in area che, in qualche modo, Caszely arriva da dietro e la picchia dentro. Ma Carlos è speciale, non solo come calciatore ma anche come uomo. Conosce alla perfezione il momento storico del proprio paese e anche grazie ad una rigorosa educazione del padre e della madre, Olga Garrido, la quale, molti anni più tardi, subirà le più atroci torture fisiche e morali del regime di Pinochet. Nel 1970 il Colo Colo, torna a vincere il campionato e si ripeterà due anni più tardi, nel mezzo (1971) il successo dell’Union San Felipe.


Grazie al successo del ’73 in campionato, il club cileno, potrà tornare a disputare la Copa Libertadores. Il cammino inizia il primo marzo 1973. Ed inizia in grande stile: cinque a zero all’Union Esapnola, di Santiago. La squadra di Caszely perderà solo una partita, quella del 14 marzo contro l’Emelec in Ecuador. Caszely inizia a far sul serio e appena la palla rimbalza (una volta) in area di rigore, sbuca lui che la butta dentro. Baricentro basso, capelli lunghi e il prepotente fiuto del gol. Sembra avere qualche lontana parentela con un certo Gerd Muller, il quale anche lui non era spettacolare, ma faceva l’unica cosa che conta nel calcio: gol. Intanto Carlos e il Camacho Valdes, si schierano in qualche modo al fianco di Pinochet. Il cammino in Libertadores, prosegue e anche bene. Dopo aver superato la prima fase, passano anche la seconda, facendo fuori il Botafogo di Jairzinho e il Cerro Porteno. Ancora Caszely risulta decisivo. In finale, per decretare il vincitore, serviranno tre partite. Davanti al Colo Colo si presentano gli argentini dell’Independiente, campioni in carica. Un giovane Daniel Bertoni spegnerà per sempre i sogni di gloria dei cileni. Intanto Carlos, preso dal desiderio di dire basta e abbandonare il Paese in piena dittatura, firma per il Levante e di fretta e furia lascia Santiago per sbarcare a Valencia.

Ma nell’anno successivo ci sono i Mondiali ed è il momento di pensare alle qualificazioni. I gironi europei di qualificazione erano nove, otto strutturati in maniera classica, promuovendo la vincitrice di ognuno, il nono, in maniera alquanto discutibile, proponeva uno spareggio con  la vincitrice di uno dei gironi sudamericani, che mise di fronte Cile e URSS. Si giocherà però solo poco più di novanta minuti quella doppia sfida. La gara di ritorno sarebbe decisiva, poichè l’andata terminò a reti bianche. Sarebbe, perchè in realtà quella sarà ricordata come la sfida fantasma. Il motivo? Dopo il golpe che aveva rovesciato la situaione politica in Cile portando al potere Pinochet ai danni di Allende recarsi da quelle parti non era esattamente un viaggio di piacere. Infatti l’URSS non partirà mai per il Cile, poichè alla Moneda vi sono prigionieri e tanto sangue. La FIFA si gira dall’altra parte, ignorando la richiesta dei russi di spostare la sede del match. In campo va in scena così la partita più assurda della storia del calcio: 11 cileni contro nessuno. Valdes segnerà, con un’azione manovrata, il gol vittoria nella gara che, ovviamente, dopo pochi minuti sarebbe stata sospesa. Uno spettacolo pietoso per il calcio, ma, fatto ancora più incredibile, del tutto irregolare: regolamento alla mano qualunque passaggio in avanti effettuato tra il possessore del pallone e il ricevente, senza almeno due difendenti, è considerato fuorigioco, logico comprendere come segnare senza avversari in campo sia, quindi, offside. La vittoria fu comunque poi assegnata a tavolino per 2-0. Assistere ad una gara fantasma non doveva però essere divertente e Pinochet, quindi, sapendo dell’assenza degli avversari pensò di organizzare un’amichevole, subito dopo la vittoria a tavolino, con il Santos In tribuna vi sono gli alti gerarchi e a bordocampo i militari. All’intervallo, Caszely si sente quasi male mentre Valdes vomita, vengono risparmiati dalla sfida come molti altri big della rosa cilena.

Mentre segna in Spagna il tempo passa e anche veloce e giugno (finalmente) arriva. Il Cile è inserito in un girone tanto intrigante quanto pericoloso: Cile, Australia e le due Germanie. Il 14 giugno 1974 all’Olympiastadion di Berlino si inaugura il Mondiale e si parte subito con un episodio che vede Caszely protagonista. Carlos tira un calcio a Vogts, più per le idee politiche che per motivi calcistici. Caszely rimedierà subito dopo la prima espulsione di un Mondiale. Orfani del numero sette, il Cile pareggia le altre due gare ed esce senza lasciar parlare di sè dalla competizione. Carlos torna a Valencia ma vi resta per poco poichè firma un contratto con l’Espanyol. In quattro anni poche presenze e venti reti. Pinochet, ordina a Caszely di non vestire più la maglia roja. Carlos tornerà in Cile solo nel 1978 per star vicino alla madre, vittima del regime di Pinochet. Il Colo Colo gli offre la maglia e Carlos ripaga la fiducia risultando per tre anni di fila capocannoniere. Il popolo spinge e lui torna finalmente a vestire la maglia della propria nazionale. Tornerà in Spagna ma con la maglia roja, per giocare il Mondiale 1982. Il Cile esce nuovamente ai rigori e Caszely sbaglia un rigore nella partita pareggiata contro l’Austria. Qualcuno lo accusa, ancora oggi, di averlo fatto apposta. Carlos in patria, giorno dopo giorno, diviene sempre di più un esempio da seguire per la gente contro il regime. Nel 1985 decide di ritirarsi ma la sua partita di addio, si trasforma in una manifestazione contro Pinochet e la polizia è costretta ad usare la forza.

Tre anni dopo il Cile ha la possibilità di svoltare la sua storia. Referendum. Le cose andarono bene per il Cile e si tornò finalmente alla tanto amata democrazia, cercando di lasciarsi alle spalle i terribili anni ’70. Oggi, Carlos Caszely è un commentatore sportivo per una tv cilena, accompagnato da suoi capelli bianchi e quei bellisimi mustaches blancos, che hanno vissuto una storia che va aldilà del calcio e di ogni simpatia politica.

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