Dario Hubner, il super bomber delle “piccole”

Dario Hubner nel suo bar di Brescia, il "Tatanka"
Dario Hubner nel suo bar a Passarera (CR)

A vederlo cosí, verrebbe quasi voglia di ordinargli un drink, scambiare due battute e poi girarsi a guardare una partita di calcio, qualunque sia quella che viene trasmessa in tv in quel momento.

Il calcio, giá. Non sembrerebbe proprio che il proprietario di quel bar possa aver giocato a grandi livelli, del resto fuma anche “come un turco”. Eppure costui é Hubner, Dario Hubner. Uno di quei giocatori che ha sempre fatto il suo mestiere al meglio, uno che faceva valanghe di gol in ogni squadra in cui andava, uno che é stato capocannoniere in Serie A, B e C (l’unico insieme a Igor Protti). Uno che ha fatto piú di 300 gol in carriera, segnandone solo 8 su rigore. Uno che non è mai stato in una grande o in Nazionale. Si, quella Nazionale che oggi convoca gli oriundi perché dice di non avere buoni giocatori autoctoni.

L’inizio nel calcio che conta

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Il giovane triestino Dario Hubner, nato il 28 aprile del 1967, inizia a giocare a calcio nelle giovanili della sua cittadina, Muggia. Dario, peró, è una persona con i piedi per terra, e non si fa illusioni. Il suo lavoro è quello di carpentiere, il calcio è solo uno sport.

All’etá di 20 anni si trasferisce vicino a Crema, e lì inizia a giocare per la prima volta in una prima squadra, la Pievigina, che nel 1987-88 disputa il campionato interregionale. La squadra non viene promossa, ma Dario si: l’anno successivo gioca così in Serie C2 con la maglia del Pergocrema.

Qui segna 6 gol e l’anno successivo viene richiesto dal Fano di Francesco Guidolin, che già ne intravede le qualità. Qualità che lo porteranno a segnare 25 gol in due anni e mezzo, regalando alla squadra marchigiana una storica promozione in Serie C1 e conquistando il primo titolo di capocannoniere e il soprannome di “Tatanka“, o “Bisonte“.

A quel punto iniziano ad interessarsi a lui anche i club di caratura superiore. É il Cesena ad aggiudicarselo, e nel 1992 iniziano cinque anni di Serie B per Dario, che ogni anno va in doppia cifra. Nella stagione 1995-96 diventa capocannoniere anche del campionato cadetto, con 22 reti. Nella stagione successiva, però, Dario non basta a salvare i romagnoli, che scendono in Serie C1.

La Serie A

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Nonostante i suoi gol, a ormai 30 anni,  il bomber triestino e non é mai passato a nessuna squadra cosiddetta “grande”, non vedendo mai nemmeno da vicino la Serie A. LA regalargli la grande opportunità è il Brescia neo-promosso, che decide di puntare su di lui per la salvezza. Dario il suo lo fa: alla prima giornata va subito in gol a San Siro contro l’Inter, mentre nella seconda realizza una tripletta contro la Sampdoria, in quella stagione metterà  a segno ben 16 reti.

La squadra, però, è composta da undici giocatori, e non tutti sono come lui. Il Brescia retrocede. Tuttavia, in due anni di cadetteria, Dario segna 42 gol e porta le Rondinelle in Serie A per il nuovo millennio.

Al ritorno in Serie A, ha l’opportunità di giocare con un certo Roberto Baggio, totalizzando 17 reti, bottino che porterà il Brescia in Intertoto, registrando il risultato più alto mai raggiunto dalla squadra lombarda.

A Brescia Hubner é un idolo, Mazzone, peró, decide di costruire la squadra intorno a Roberto Baggio e prende una decisione impopolare, che racconterà anche nel suo libro: vendere Dario per circa 6 miliardi di Lire. Secondo il tecnico romano, le caratteristiche di Luca Toni e Igli Tare erano più adeguate allo stile di gioco del “Divin Codino”.

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Carriera finita? Nemmeno per sogno. Dario non ne vuol sapere di smettere, e soprattutto non riesce a togliersi quel vizietto che lo ha sempre caratterizzato: il gol. Nel 2001 passa ad un’altra neo-promossa, il Piacenza, dove segna 24 reti laureandosi capocannoniere al pari di Trezeguet. Con una differenza: lui non ha mai segnato su rigore, e non ha Del Piero a fornire assist. Il Piacenza é salvo, e Dario diventa un idolo anche li.

Nell’estate del 2002 ecco che pare realizzarsi finalmente l’ultimo gradino: giocare con una grande. Il Milan vola per una tourneè negli Stati Uniti d’America, e decide di portare anche lui. Con i rossoneri giocherà tre partite senza segnare. I giornali parlano di un suo accostamento alla Juve. Ma il suo sogno finisce lì. Dopo questa esperienza, torna a Piacenza, dove segna altri 14 gol. Anche a Piacenza, però, non tutti sono Dario Hubner, e la squadra retrocede. Magra consolazione sarà diventare il giocatore più prolifico di sempre del Piacenza, con i suoi 38 gol.

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Dario ha 36 anni, ma di lasciare la Serie A non ne ha proprio voglia. Nel 2003 si accasa allora ad un’altra neo-promossa, l’Ancona. Lì, però, non riuscirà a brillare e sarà coinvolto nella disastrosa stagione dei dorici. Per la prima volta in carriera, zero gol per lui. A gennaio decide allora di cambiare aria, e passa al Perugia.

In Umbria gioca le sue ultime partite in Serie A e segna 3 gol, ma la squadra retrocede a seguito dello spareggio con la Fiorentina.

Gli ultimi anni da calciatore

Nel 2004 Dario ritrova Paolo Poggi, compagno d’attacco al Piacenza, nel Mantova. Con 7 gol riporta i virgiliani dalla Serie C1 alla Serie B. Ma sarà la sua ultima annata da professionista.

Dario continua a giocare a calcio nella Pianura Padana: delizia infatti anche i tifosi del Chiari (7 partite 9 gol); del Rodengo Saiano (18 partite 9 gol); dell’Orsa Corte Franca (64 partite 58 gol); del Castel Mella (14 partite 16 gol); e del Cavenago (6 partite 2 gol). A 44 anni, decide di smettere.

Come allenatore, ad oggi, le uniche due esperienze sono state un po’ sfortunate, e Dario passa piú tempo al suo bar e a fare il giardiniere che a cercare una squadra da allenare. Perché è un uomo con i piedi per terra. Perché è stato, come lo definì il Corriere della Sera, “Il grande errore del calcio italiano”.

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