La maledizione delle finali: Juve, Bayern, Benfica e Atletico, storie di beffe

Non solo la Juventus, che suo malgrado dopo il ko con il Real Madrid ha stabilito il primato di finali perse, ben 7, su 9 disputate, la storia del calcio, della Coppa Campioni/Champions League precisamente, racconta anche di altre finaliste perdenti, quelle che, arrivando all’ultimo atto della Coppa, vanno spesso a scontrarsi con una maledizione.

La Juventus, come detto, è il caso più conosciuto, oltre che recente, vantando ben 5 finali perse consecutivamente (1997, 1998, 2003, 2015, 2017) finali tutte diverse tra loro, spesso con calciatori e allenatori diversi tra loro nel tempo. E dire che, fino al 1996, anno della vittoria di Roma contro l’Ajax, il bilancio nella finale della coppa dalle grandi orecchie per i bianconeri non era disastroso. Certo, non era un en plein di cui vantarsi, ma vincere 2 coppe su quattro finali giocate raccontava di una statistica del 50% di vittorie, 1 ogni due finali insomma. Poi, dalla notte di Monaco del 1997 contro il Borussia Dortmund, qualcosa è cambiato nel rapporto tra la Juventus e questa competizione, certamente mai idiliaco, ma soprattutto nella testa dei tifosi e dei giocatori, costretti ogni volta a scendere in campo con il peso delle sconfitte dei propri predecessori, inanellando una serie di 5 finali perse.

Tutto inizia però nel 1973, la meno beffarda delle finali per i colori bianconeri. A Belgrado, a contendere la coppa alla Juventus di Vycpalek (zio di Zeman) è l’Ajax del grande Cruijff, terminerà 1-0 per la squadra olandese, grande favorita.

La Juventus aspetta un decennio prima di misurarsi nuovamente con l’ultimo atto della competizione, nel 1983, allenata da Trapattoni, trova l’Amburgo tra sè e la coppa. Una formalità, per molti, visto il divario tecnico tra le due squadre, ma ad Atene il finale è ancora amaro, ancora un 1-0 con un gol dalla distanza di Magath, capace di sconfiggere a sorpresa la Juve di Platini, Zoff, Rossi e Boniek.

I bianconeri si rifaranno due anni dopo, seppure in una delle notti più brutte che un campo di calcio abbia mai visto, quella della tragedia dell’Heysel. 11 anni dopo, nel 1996, allenata da Marcello Lippi, la Juventus centra la sua seconda vittoria in coppa, la prima nella moderna Champions League, vendicando la sconfitta del ’73 contro l’Ajax, battuto ai rigori. ’73, ’83, ’85 e ’96, dopo due ko di fila ora il bilancio è in parità tra finali vinte e finali perse. Nel 1997, seconda finale di fila giocata dalla squadra di Lippi, la storia cambierà, decisamente, prendendo una piega difficilmente spiegabile.

A Monaco, in terra tedesca, i bianconeri affrontano il Borussia Dortmund, squadra formata da tanti ex Juventini, Paulo Sousa, Koller e Moller su tutti. La squadra campione d’Europa in carica è ben diversa da quella vincitrice un anno prima, senza Vialli e Ravanelli ha Vieri, Boksic, Zidane e Del Piero, i gialloneri sorprendono però una squadra in serata no, andando avanti 2-0 con Riedle, a nulla servirà il capolavoro di tacco di Del Piero, cui seguirà il 3-1 di Ricken.

1998, per il terzo anno di fila la Juventus di Lippi e Del Piero arriva in finale, ad Amsterdan l’avversaria è il Real Madrid, non certo quello dei galacticos, ma spuntarla sono gli spagnoli con un gol viziato da fuorigioco di Mijatovic.

Qui, forse, la storia tra Juventus e Champions League prende una piega strana, difficilmente spiegabile quando, negli anni, cambiando epoche, tecnici, calciatori, cambiando soprattutto il calcio stesso, il risultato non cambia, con una squadra che dimostra di essere forte, a tratti imbattibile, ma che in finale cambia pelle, imbattendosi sempre e costantemente in una serata no. Due finali perse di fila in altrettanti anni diventano, forse, inconsciamente, un fardello e un freno anche per le Juventus successive, costrette ad avere per colpe non proprie una paura di perdere e sbagliare che come risultato ti porta proprio a perdere e sbagliare, un vero e proprio autosabotaggio.

E così arriva la terza finale persa consecutiva, quella più “casuale” rispetto alle precedenti, visto che arriva ai rigori. Nel 2003 a Manchester contro il Milan nella finale tutta italiana i bianconeri, privi di Nedved squalificato, non giocano tuttavia una grande gara, ma sfiorano il gol con la traversa di Antonio Conte nei supplementari, non riuscendo ad approfittare di un Milan in 10 per l’infortunio di Roque Junior. Quindi i rigori, gli errori di Trezeguet, Montero e Zalayeta, e il terzo ko di fila.

Dal 2003 alla nuova finale passano 12 anni che contengono un’era calcistica, considerato che nel frattempo l’Italia vince una Coppa del Mondo e la Juventus è costretta, dopo Calciopoli, a ripartire dalla Serie B. Dopo tre Scudetti di fila va via Antonio Conte e approda Massimiliano Allegri sulla panchina bianconera, centrando subito Scudetto, Coppa Italia e riportando la Juve a giocarsi una finale. L’avversario di Berlino è il più temibile, il Barcellona dei marziani, e la differenza si vede tutta nei primi 20′ minuti arrembanti blaugrana, già avanti 1-0 dopo pochi minuti. Nel secondo tempo la gara cambia e arriva anche il pari di Morata, con i bianconeri a giocarsi per qualche minuto la vittoria ad armi pari con gli spagnoli. Il 2-1 di Suarez però è una sentenza pesante, e al 97′ arriverà anche ll terzo gol di Neymar.

Due anni dopo, e siamo alla finale di pochi giorni fa, dopo una campagna acquisti scintillante e con una rosa quasi completamente diversa rispetto a quella di sole due stagioni prima (reduci solo Buffon, Bonucci, Barzagli e Marchisio, con Chiellini nel 2015 infortunato) i bianconeri tornano ancora in finale, eliminando ai quarti proprio gli avversari del 2015, il Barça di Messi. Un’impresa che dà convinzione e consapevolezza alla squadra e all’ambiente, ma anche questa volta l’avversaria spagnola, il Real Madrid, sembra imbattibile. A Cardiff dopo un buon primo tempo concluso sul pari e con più occasioni bianconere Buffon e compagni restano con la testa negli spogliatoi, concedendo 3 reti al Real in quella che sarà la sconfitta in finale più pesante in termini di punteggio.

Psicologia? Sfortuna? Una vera e propria maledizione? Difficile trovare spiegazioni plausibili e definitive, probabile un misto di tante componenti.

Ma se la Juventus ha il triste primato delle 7 finali perse, ci sono anche altre squadre che non se la passano molto meglio.

Bayern Monaco

Fino alla vigilia della Champions League 2014/15 i bianconeri erano in buona compagnia, condividendo con i tedeschi 5 finali perse a testa. La differenza, non da poco, nella tipologia di sconfitte: veri e propri traumi per i tedeschi.

Il Bayern nella storia della Coppa Campioni parte forte, vincendo le prime tre finali giocate, tutte consecutive, tra il ’74 e il ’76, avversarie l’Atletico Madrid, il Leeds United e il Saint Etiènne.

Il primo ko arriva nell’82, con i tedeschi che perdono nonostante il favore dei pronostici contro il sorprendente Aston Villa, capace di vincere con un gol di Withe una gara dominata per lunghi tratti dai bavaresi.

Per tornare a disputare una finale di coppa i tedeschi aspettano 5 anni, l’avversaria anche questa volta sembra più che abbordabile, il Porto, ma anche in questo caso i favori del pronostico di rivelano beffardi per i bavaresi. Passati in vantaggio e con il pallino del gioco a lungo nelle proprie mani, i giocatori del Bayern non riescono a raddoppiare, vedendosi riacciuffare a poco più di 10′ dalla fine da un tacco di Madjer e facendosi scavalcare nel punteggio 3′ minuti dopo, incassando una sconfitta beffarda e inaspettata.

12 anni dopo il Bayern torna in finale, per la prima volta nella moderna Champions, affrontando il Manchester United di Ferguson e di una leva di giovani Red Devils che faranno la storia. A Barcellona la squadra di Hitzfeld va subito in vantaggio con Basler, sfiorando a più riprese il gol nel secondo tempo colpendo prima un palo e poi una traversa. Quando mancano pochi secondi al fischio finale e il presidente della Uefa inizia a scendere le scalette che portano dalla tribuna al campo per premiare i bavaresi succede l’incredibile, su un calcio d’angolo al 91′ arriva il pari di Sheringam. Una delle finali più assurde di sempre però regala un epilogo ancora più clamoroso, quando sembrano inevitabili i supplementari e con i tedeschi con il morale sotto i tacchi per essersi fatti acciuffare a pochi secondi dal termine, su un nuovo calcio d’angolo, arriva il gol di Solskjaer. Il tripudio per Ferguson e i suoi ragazzi con una sconfitta tramutata in vittoria, una delusione atroce, tremenda per il Bayern, alla terza finale persa di seguito.

A riequilibrare il conto i bavaresi riescono due anni dopo, nella finale di Milano, prevalendo ai rigori contro il Valencia (per gli spagnoli la seconda finale consecutiva persa in altrettanti anni).

Una nuova finale di Champions i tedeschi tornano a giocarla nel 2010, quando, dopo aver rischiato di uscire ai gironi, sulle ali di Ribery e Robben raggiungono la finale di Madrid. L’avversaria è l’Inter di Mourinho, l’esito quello che tutti conosciamo, con i nerazzurri a coronare il triplete e i bavaresi sconfitti 2-0.

Passano due anni, esattamente come tra la finale del ’99 e quella del 2001, e il Bayern è di nuovo in finale. Anche stavolta i favori del pronostico sono tutti per i tedeschi, in più l’ultimo atto della coppa si gioca proprio in casa, all’Allianz Arena, pronta a far festa contro un Chelsea stoico a battere il Barça in finale ma sulla carta molto più debole. Le finali sono però gare strane, ed infatti la partita resta a lungo bloccata, complice un’attenta difesa dei londinesi. All’83’ la possibile svolta con il gol di Muller, ma quando la festa sembra ormai avviata arriva il poderoso colpo di di testa di Drogba a stabilire il pari e costringere la gara ai supplementari. Il Bayern accusa il colpo psicologico e, nonostante continui ad esser padrone del campo, spreca due occasioni da gol: la prima, clamorosa, con rigore fallito da Robben, l’altra con un tiro di Olic fuori di un nulla. Ai rigori, come spesso accade, a vincere è la squadra che meno ha sfiorato la vittoria sul campo, quasi più leggera mentalmente: dopo l’errore di Mata iniziale i londinesi fanno sempre centro, il Bayern dopo tre trasformazioni sbaglia con Olic e Schweinsteiger, Chelsea clamorosamente campione.

Dopo una delusione tremenda forse pari solo a quella del 1999 il Bayern però centra ancora la finale, nel 2013, la seconda di fila e la terza in quattro anni, stavolta vincendola, battendo il Borussia Dortmund proprio grazie ad un gol di Robben, autore del rigore fallito ai supplementari un anno prima, ad un minuto dalla fine.

Il Benfica

Forse il caso più conosciuto, misterioso e clamoroso al tempo stesso. Seppur si parli di una compagine che non raggiunge la finale di Champions da 27 anni, le recenti sconfitte nell’altra coppa europea, l’Europa League, hanno riportato alla memoria la tradizione negativa con le finali del Benfica e la maledizione di Bela Guttmann. Nei primi anni di esistenza della Coppa Campioni i lusitani sono una delle formazioni più forti del periodo, guidate da Eusebio. ’61 e ’62 le prime due vittorie nientemeno che contro Barcellona e Real Madrid, poi, dopo le dimissioni del tecnico vincente Guttmann e la celebre frase “da qui a 100 anni nessuna squadra portoghese sarà due volte campione d’Europa e senza di me il Benfica non vincerà più la Coppa Campioni”, ecco la prima sconfitta in finale nel ’63 con il Milan, replicata due anni dopo contro un’altra milanese, l’Inter nel ‘65. Ancora due anni e altra sconfitta in finale nel ‘68 contro il Manchester United, così come quella vent’anni dopo, nel 1988, ai rigori, contro il Psv. Nel 1990 il Benfica è ancora in finale ma, nonostante scaramanticamente Eusebio, icona del club, prima della finale contro il Milan andò a pregare sulla tomba dell’ex tecnico delle aquile per spezzare la maledizione, la coppa andò ai rossoneri per 1-0.

5 sconfitte (tutte di fila, come i bianconeri), esattamente come quelle in totale del Bayern e della Juve fino al 2014, seguite da altre due deludenti finali in Europa League, che portano il conto a ben 8 finali perse di seguito considerando entrambi i trofei continentali.

Dopo aver perso la finale di Coppa Uefa contro l’Anderlecht nel 1983 (1-0, allenatore dei lusitani Eriksonn) nel 2013 i biancorossi tornano in una finale europa dopo 23 anni, l’avversario è il Chelsea di Benitez, che va in vantaggio con Torres, facendosi pareggiare dal rigore di Cardozo. Quando tutto lascia pensare ai supplementari arriva il gol beffa di Ivanovic all’89’, una sconfitta sconfortante per il Benfica, che perderà tutte le competizioni in quella stagione ad un passo dalla vittoria, perdendo il campionato nello scontro diretto col Porto all’ultimo minuto e la coppa nazionale con il Vitoria Guimaraes anche in questo caso nel finale, riportando alla mente di tutti le famose parole di Bela Guttmann .

Dopo un solo anno il Benfica ci riprova, eliminando in semifinale la favorita Juventus e presentandosi nella finale dello Juventus Stadium con i favori del pronostico contro il Siviglia. La gara resta però bloccata e necessita prima dei supplementari e poi dei rigori, per il Siviglia tutti a segno, per i lusitani errori di Luisao e Cardozo, una sconfitta sconfortante per il Benfica, la prima delle tre coppe di fila del Siviglia.

L’Atletico Madrid

Menzione anche per l’Atletico Madrid, tornato sotto la gestione Simeone a farsi conoscere anche in Europa. La prima finale per gli spagnoli arrivò nel 1974 contro il Bayern (la prima vittoria come detto per i bavaresi), gara che terminò 1-1 e necessitò della ripetizione, con i supplementari ancora non in voga nel calcio. Il secondo match fu totalmente di marca tedesche, un 4-0 senza discussioni che consegnò la coppa al Bayern.

Nel 2014 e con un’Europa League vinta nel 2012 da Simeone e una nel 2010 sotto la gestione Sanchez Flores, l’Atletico torna dopo decenni in finale di Champions, la prima nella moderna competizione, contro i cugini del Real Madrid. Dopo aver vinto il campionato gli uomini di Simeone cercano uno storico double, trovando il gol con il solito Godin. Quando la vittoria è ormai cosa fatta, arriva il clamoroso pari di Sergio Ramos, anch’egli abituato a gol non di poco conto: 1-1 al 93′. Come il Bayern nel 1999, assaporata la vittoria e ritrovatosi sul pari, con altri 30′ da giocare, l’Atletico sparisce e dilaga il Real, prima Bale, poi Marcelo e infine il rigore di Ronaldo consegnano la decima al Real.

Stessa storia stessa gara nel 2016, ancora derby madrileno in finale, ancora Sergio Ramos a segnare. L’Atletico stavolta però trova il pari con Carrasco, prima di giocarsi tutto ai rigori, l’errore di Juanfran e la trasformazione di Ronaldo danno ancora la coppa ai blancos.

Juve, Bayern, Benfica, Atletico, storie di finali perse e sconfitte beffarde, ma il caso Bayern (1999 P, 2001 V; 2010 P, 2012 P, 2013 V) che sia di esempio a tutte, vittorie dopo clamorosi tonfi, riprovateci!

 

 

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