Le rivalità più sentite: Flamengo – Fluminense

Priva di logica e di un concreto percorso. In definitiva uno scarabocchio mentale. Pensieri, immagini e parole si intrecciano senza distinguersi, è tutto su un unica linea: immaginazione. Prendete ad esempio la radio. Mentre state ascoltando una partita, il telecronista parla, anzi racconta quello che sta vedendo e succedendo davanti a lui. E voi immaginate di conseguenza il numero sette sfrecciare sulla fascia, accentrarsi e concludere a rete. Immaginate lo stadio, le urla e gli avversari che cadono come birilli in una partita a bowling. La radio è tutta immaginazione. Come un libro. Come Rio de Janeiro. Le tecnologie di oggi ci impediscono di immaginare come una volta. Chi ha avuto la fortuna di esserci stato, racconta di una città a dir poco affascinante. Le immagini su Internet, ci mostrano il sole, la spiaggia di Copacabana, il Pan di Zucchero e le bellissime ragazze del posto. Chi si ferma qui però è destinato ad esser deluso. Favelas, corruzione politica e frequenti omicidi, rovinano quella che è una delle città più meravigliose di questa terra. Come in molti paesi, solo una cosa può salvare (parzialmente) la gente: il calcio. Qui però non sempre salva. Alcune volte uccide.

Il Maracanà visto dalla curva del Flamengo

Figlio di un importante sir inglese, Oscar Cox pensò che quel gioco con la palla poteva piacere in Brasile, specie nella capitale di allora, Rio de Janeiro. Completati gli studi in Svizzera, il giovane Oscar tornò in Brasile con la palla sotto braccio. Si esatto, tornò, perchè il padre è inglese ma nativo di Guayaquil e una volta sposato una giovane brasiliana, decise di far nascere il figlio nel Barrio de Humaità, una zona meravigliosa di Rio. Basta alzare gli occhi per vedere il Cristo Redentore sul Corcovado. Se cercate le favelas avete sbagliato completamente zona. Il giovane Oscar, appena diciassettenne, ha una voglia matta di usare la palla e non con le mani. Ha visto a Losanna come gli svizzeri trattano la palla coi piedi e ammirato da questa nuova disciplina, prova in tutti i modi a convincere i brasiliani a giocar con lui. E’ un periodo storico per la città di incredibile crescita: in un decennio esatto (1890-1900) la città ha raggiunto quota 811.000 abitanti. Per fortuna c’è chi ha voglia di sperimentare e finalmente si trovano i ragazzi. Undici però non bastano, ne servono altri. Se a Rio abbiamo Cox a San Paolo troviamo Rene Vanorden che ha le stesse intenzioni di Oscar. Vanorden e compagnia non hanno molta disponibilità economica, quindi invitano i ragazzi di Rio a San Paolo.

Cox e i suoi giocatori arrivano a San Paolo il 18 ottobre 1901. Neanche il tempo di ambientarsi che i due organizzatori vogliono subito sfidarsi. Il primo match fu giocato il giorno seguente, terminato col risultato di due a due. Una seconda partita fu giocata il 20 ottobre dello stesso anno, terminata a reti bianche. Non pensiate che ci fosse rivalità in campo perchè una volta finita la partita le due squadre cenarono insieme al Rotisserie Sport Restaurant a base di toast e cocktail non troppo analcolici. La voce si sparge e sia Rio che a San Paolo si inizia a mettere palla e piede nella solita frase. I brasiliani, innovativi e mai banali, cominciano prima ad amare, poi a praticare questo sport. Intanto Oscar Cox non perde tempo e nel 1902, precisamente il 21 luglio, fonda un ricco ed elegante club, denominato Fluminense di cui ne è il primo fiero presidente. Per doveri di cronaca, Cox ha soli 22 anni. La prima sede del club si trova in Retiro da Guanabara una splendida zona della città. Non dimenticate che il club è ricco ed elegante, quindi gli scalzi e i poveri non sono i benvenuti. Intanto a Rio si cerca per lo meno di copiare l’idea di Cox, ed ecco che nascono altre associazioni: America, Botafogo e Bangu. Per far nascere il Flamengo bisogna però aspettare ben nove anni, o meglio, il Flamengo è stato fondato nel 1895 come club di canottaggio non comprendendo quindi il gioco del calcio. A cambiare la storia ci pensa Alberto Borghert, vogatore del Flamengo. A Borghert però piaceva anche il calcio e siccome era benestante, non poteva non giocare nel club di Cox. Borghert e altri giocatori ebbero dei disguidi col consiglio del club calcistico, quindi stanchi dei frequenti litigi, abbandonarono Cox.

La curva del Fluminense durante un match allo stadio Maracanà

Borghert bussa alla porta del Flamengo e li convince ad adottare il calcio come nuovo sport. I membri ci pensano su ma poi danno il via libera: il Flamengo praticherà anche il calcio. Non avendo un campo su cui praticare il calcio, inizialmente i giocatori decisero di allenarsi in spiaggia, che fra le altre cose migliora anche il controllo di palla e l’equilibrio, seppur giocando scalzi. Le partitelle in spiaggia iniziano ad avere anche qualche curioso che affascinato da questa nuova disciplina si siede sulla sabbia e osserva i suoi futuri beniamini, inseguire un pallone. Il 3 maggio del 1912 è la data della prima partita del Flamengo Futbol ed è anche a tutt’oggi la più spettacolare visto il 16 a 2 finale con cui il Flamengo ha distrutto e messo in ridicolo il Mangueira.  Dall’altra parte, intanto, si gioca la prima partita e il Fluminense vince per otto reti a zero contro il Rio Fc che oggi non esiste più. Per far sì che i due club si sfidino bisogna però aspettare il 7 luglio 1912. Lo stadio in cui si giocherà il match non è uno stadio qualsiasi. O meglio. L’Estadio das Laranjeiras è lo stadio più vecchio del Brasile e nel 1914 si è giocata la prima partita della nazionale brasiliana che con due reti a zero battè gli inglesi dell’ Exeter City. Davanti ad 800 persone (all’epoca erano molte) il Fluminense batté per tre reti a due i rivali neonati, nonché ex compagni di squadra. L’occasione per rifarsi arriva il 27 ottobre dello stesso anno. La voglia di rifarsi è tanta e il quattro a zero finale a favore del Flamengo ne è la prova. La gente di Rio inizia a prender parte, chi per il Fla chi per il Flu. Chi pensa che il Flamengo abbia avuto solo fame di rivincita si sbaglia di grosso. Il Fla riesce a vincere le successive cinque sfide con i rivali cittadini. Nel 1913 vince entrambe le gare per sei a tre la prima e per zero a tre la seconda. Nel 1914 invece le gare sono più equilibrate ma comunque sia il risultato è dalla parte del Falmengo. Il 9 maggio 1915 il Flamengo distrugge con una manita il Flu che ormai deve aumentare il numero di preghiere quando al tabellino della partita successiva compare il nome Flamengo.

Il 9 marzo 1930 il Flu gioca e vince (5-1) una partita amichevole a Teresopolis. Il treno che riporta a Rio i giocatori però, deraglia dopo che Jorge Tavares Py, difensore del Flu, aveva cercato di azionare i freni. Subito dopo il deragliamento si cercano i feriti e le possibili vittime e una di queste è proprio Jorge Tavares Py, il quale muore sul colpo grazie ad un pezzo di ferro che gli trapassa letteralmente il viso. Tutta la squadra, in primis il mister Luiz Vinhales, si rimboccano le maniche e soccorrono donne e bambini o chiunque si trovasse sul convoglio. E’ difficile superare lo shock ma il Fluminense onora al meglio la maglia anche se non è esattamente l’anno nel quale si può chiedere un trofeo. Astro nascente e forse primo vero talento brasiliano era Preguinho, nome completo Joao Coelho Netto, figlio di uno scrittore e di una professoressa di musica. Viste le nobili origini e amante dello sport, Preguinho non poteva non far parte del Fluminense. 176 centimetri di pura classe, Preguinho amava segnare e far segnare. Poteva giocare mezz’ala e prima punta, sempre agli stessi ritmi. Altra cosa che stupisce di lui è il fatto (molto comune in quegli anni) di essere un uomo duttile. Non per la squadra ma per sè stesso. Oltre al calcio praticava anche: nuoto, polo acquatico, canottaggio, tuffi dal trampolino, atletica, basket e volley. Uno così si commenta da solo. Se vi chiedete chi abbia segnato il primo gol per il Brasile ad un Mondiale, la risposta è proprio lui. Ultimo aneddoto ma non il meno importante è il fatto che anche dopo l’introduzione del calcio professionistico in Brasile, Preguinho si sia sempre rifiutato di esser pagato, rimanendo così un dilettante per sempre. Tredici anni con la stessa maglia, 174 gare e 153 reti.

Preguinho, stella del Fluminense negli anni ’30

Nel 1933 il Flu spinge per introdurre il professionismo nel calcio e così molte squadre sposarono questa nuova proposta. Molte società si opposero creando così un inevitabile divisione: un campionato professionistico e un campionato amatoriale. I tempi cambiarono velocemente e solo poche società rimasero fedeli all’idea del non paghiamo i calciatori. Nel paese intanto regna il disordine: Getulio Vargas diviene non solo presidente ma addirittura presidente costituzionale per quattro anni. Ma il calcio in Brasile diviene pian piano importantissimo. I primi Mondiali, quelli del ’30 non sono andati molto bene, unica nota positiva il quattro a zero alla Bolivia con doppiette di Moderato e ovviamente Preguinho. Deludono anche nel 1934 in cui il Brasile viene eliminato dalla Spagna. Nel Brasile brilla però una stella: Leonidas Da Silva, denominato uomo di gomma per via della sua agilità e elasticità. Nato a Rio nel 1913, esordisce con la maglia brasiliana nel 1933, gli uruguagi lo vedono giocare e se ne innamorano subito, infatti il Penarol, lo convince a trasferirsi a Montevideo. Nel 1936, Leonidas veste la maglia del Flamengo e dà così il via alle grandi sfide contro la Flu. La Flu, invece ha in rosa Hercules de Miranda, un mulatto di un metro e settantasei originario dello stato Minas Gerais, precisamente di Guaxupé, cittadina 50.000 abitanti che ha dato alla luce anche Caetano Calil, calciatore passato da mezza Italia, oggi al Livorno. Le sfide fra questi due fenomeni sono bellissime. Dal 1936 al 1941, anni in cui si sfidarono vi sono stati ben 20 incontri o meglio derby, con la fantascientifica somma di 78 reti. Negli anni ’40 le due compagini di Rio si sfidano spesso per il titolo di campione nello stato appunto di Rio de Janeiro. Nel 1940 e nel ’41 la Flu ebbe la meglio ma nei successivi tre anni il Flamengo si prese il torneo battendo nel 1943 proprio la Flu in finale. Il Fluminense dovrà aspettare il 1946 per vincere nuovamente. Gli anni ’50 si avvicinano e il Brasile freme per l’evento che metterà finalmente la loro nazionale, sulla mappa calcistica del mondo. Il Mondiale del 1950 svoltosi in Brasile porta con sè ancora oggi rabbia e rancore, se raccontato in terra brasiliana. Nessuno cancellerà mai quel 16 luglio in cui tutto era pronto per il trionfo verde oro ma qualcosa andò storto e Obdulio Varela, nato e morto a Montevideo, alzò la Coppa Rimet invece ai brasiliani. Il Maracanazo lasciò strascichi inevitabili anche ai club nazionali. Non si pensava ad altro. Se però il 1950 ha lasciato disperazione e rabbia, almeno al Fla e al Flu ha lasciato un teatro niente male: il Maracanà. Le due società, senza uno stadio adeguato, decisero insieme di giocare le partite proprio nello stadio costruito apposta per il Mondiale del ’50. Nei primi derby gli spalti erano pieni ma non pienissimi, bisognerà aspettare gli anni ’60 e ’70 per vedere un Maracanà esaurito.

Uno scatto di uno dei tanti combattuti derby di Rio

La prima sfida post-Maracanazo la vinse il Fluminense il 22 ottobre dello stesso anno, per due reti a uno. A Gennaio però il Flamengo ne infila cinque nella rete degli avversari. Ma il Flu dal 1949 può contare sulle formidabili prestazioni di Valdir Pereira, noto al mondo come Didi. Mulatto di un metro e settantaquattro, grazie al suo baricentro basso (ma non bassissimo) saltava gli uomini come birilli. Le regole calcistiche (e razziste) di allora prevedevano che se un mulatto o un nero, superava palla al piede un bianco, poteva non solo fare fallo (immaginate i falli di allora, cattivi e senza tempismo) ma poteva anche picchiare l’ autore del dribbling. Allora i mulatti idearono movimenti di anca e di gamba che lasciavano sul posto gli avversari, che non riuscivano quindi più a prenderli. Un misto di danza e Capoera. Didi faceva esattamente questo. Lasciava sul posto gli avversari. A lui, dobbiamo anche l’invenzione della punizione a folha seca. In una gara nel 1956, contro i messicani del Club America, Didi accusò una contusione al piede destro ma voleva giocare e soprattutto segnare. Era lo specialista dei calci piazzati ma tutti si chiedevano, quel giorno se era in condizione di calciare. Le prime due dita del piede, non riescono proprio a colpire la palla, quindi Didi si ingegna e colpisce la palla con le ultime tre dita: capolavoro. Se oggi vediamo le punizioni calciate così, ricordatevi di Valdir Pereira. Fu anche il primo calciatore a segnare al Maracanà. Rimarrà al Flu per ben sette anni, restando per sempre nei cuori dei sostenitori del club. Vincerà un campionato carioca sia da giocatore che da allenatore del Flu. Da calciatore vince anche i due Mondiali con Pelè (Svezia e Cile) e soprattutto la quinta Coppa dei Campioni col Real Madrid. Per i blancos cinque trionfi su cinque edizioni. Se al Flu bastava Didi, il Flamengo rispondeva a centrocampo con Zagallo e Moacir. I confronti fra i due club sono memorabili e pieni di spettacolo. Tuttavia a Rio anche le altre squadre iniziano ad attrezzarsi e trovano per le strade i migliori talenti cittadini. Uno su tutti, Manoel Francisco do Santos in sintesi, Garrincha. Giocherà per il Botafogo per dodici anni, facendo innamorare i brasiliani del suo stile di gioco ma come molti calciatori di allora, specie in Sudamerica, morirà solo, ubriaco e senza una lira in tasca. Nel 1965 dà l’addio alla Flu, Carlos José Castilho, storico portiere che passò la vita difendere la porta della Nense (1947-1965).

Nel 1962 al Mondiale cileno, Vavà e Garrincha fanno quello che vogliono e il Brasile conquista il secondo mondiale consecutivo. Moltissimi calciatori di quella vincente spedizione facevano parte dei club di Rio de Janeiro e altri facevano parte del Santos. Carioca o Paulista c’è ancora oggi una notevole differenza, immaginate cinquant’anni fa. Gli anni ’60 portano al Maracana quasi 200.000 persone, mentre Fla e Flu si sfidano. Il 12 dicembre 1963, 194.603 persone erano presenti allo stadio per assistere ad un derby, terminato a reti bianche. Una domenica pomeriggio di ottobre dell’anno seguente, quasi 135.000 persone assistettero ad un divertente 3-3 con reti di Osvaldo (doppietta) e Airton per il Fla e Ubiraci e Amoroso (doppietta) per il Flu. Due mesi dopo la Nense, conquistò il campionato carioca grazie alla vittoria sul Bangu per 3-1. Il 1970 segna un importante svolta nella storia dei due club. I primi mesi del 1971 non furono assolutamente felici per il Flamengo, che sotto la guida di Dorival Knippel vinse solo 8 match in 28 gare. Knippel, soprannominato anche Yustrich, che fu portiere del Boca negli anni ’30, giocò come portiere per il Flamengo dal 1935 al 1944. Knippel allenò solo per qualche mese il Flamengo poichè i risultati non convinsero la dirigenza. Nel 1972 il Fla vinse la Guanabara Cup e il Campionato Carioca. Con Zico il Flamengo, mette la freccia e semina gli avversari. Genitori di origini portoghesi, Zico cresce nel quartiere di Quintino Bocaiuva, lontano dal mare e dalle ragazze in costume. Cresce e come tutti i brasiliani, lo fa con la palla fra i piedi. Il suo sport sembra essere il futsal ma ben presto ci si rende conto che anche le grandi dimensioni, possono fare al suo caso. A 14 anni in un match contro dei ragazzi più grandi, segna ben 9 reti, catturando l’attenzione di Celso Garcia un commentatore radiofonico che seguiva il calcio nella Rio di quegli anni. Garcia si avvicina al padre di Zico e gli chiede se vuol far un provino per il Flamengo. Il padre accetta e da lì parte la storia di uno dei brasiliani più amati di sempre. Oltre a Zico la squadra rubonegra di allora poteva contare anche su Junior, (poi andato al Toro) Tita e Carpegiani. In questi anni proprio le due rivali si contendono campionati e tornei alternandosi quasi ogni anno. Mentre la palla rotola e i tifosi cantano, la situazione politica brasiliana non è delle migliori. Ernestp Geisel, brasiliano ma di origini tedesche, passò alla presidenza nel 1974 e dichiarò legale solo il Movimento Democratico Brasiliano. Cinque anni più tardi, Joao Baptista de Oliveira Figueiredo divenne presidente e rese legali tutti i partiti tranne quello comunista. Divenne anche protagonista perchè decise di ridurre moltissimi salari. La popolazione si ribellò e nel 1980 accaddero scontri non molto civili. Quattro anni più tardi, la dittatura finì con grandi feste a Rio e San Paolo.

La carriera di Zico inizia nel Fluminense, dove tornerà dopo la parentesi italiana all’Udinese

Ma torniamo indietro al 1982, anno cruciale, specialmente per la nazionale. Difesa e portiere meglio lasciarli stare ma dal centrocampo in poi, è un continuo futbol bailado, ovvero noi possiamo prendere anche gol ma grazie alla nostra fantasia ne segneremo almeno uno in più degli avversari. Falcao, Zico e Socrates, se giocassero nel Brasile di oggi, farebbero piangere mezzo mondo, solo loro tre. Le cose non vanno poi come previste e Pablito Rossi fa piangere mezzo continente sudamericano. Smaltita la delusione, si torna ai propri club e i due club di Rio continuano a darsi battaglia. Gli anni ’80 non sono degni di nota per il Botafogo, che vincerà solo un campionato carioca (1989). La formazione del Fla è composta negli anni ’80 da molti elementi che possiamo trovare anche in nazionale. Pluto Aldair, Leonardo, Zico e un certo Bebeto in attacco. Molti di loro nel 1994 vinceranno a Pasadena il quarto titolo mondiale, dedicando la vittoria ad un altra leggenda brasiliana, scomparsa tragicamente mesi prima. Nome, Ayrton, cognome Senna. Dopo il mondiale a stelle e strisce il campionato carioca torna finalmente in bacheca dalle parti del Nense, titolo che mancava da dieci anni esatti. Il 25 giugno davanti a 110mila spettatori, si gioca e chi vince è campione statale. La partita è tesa, bella e giocata a viso aperto. Alla mezz’ ora Renato Gaucho porta in vantaggio il Fluminense con un preciso diagonale dentro l’area di rigore. Dodici minuti dopo, Leonardo raddoppia su incertezze di portiere e difensori. Intervallo. Nella ripresa al minuto ventisei la riapre baixinho che da rapace d’ area non perde tempo e la mette dentro. Ne seguiranno spintoni, insulti e qualche cosa in più. Cinque minuti dopo è ancora il Flamengo a spingere e a trovare il pareggio. Dopo un cross nel mezzo mal respinto dal Flu arriva in corsa Fabinho, intento a calciare con la palla a mezz’aria. Arrivano in corsa e alla disperata, tre difensori avversari. Fabinho finta di tirare, rientrando sul sinistro e mandando letteralmente al bar i tre difensori. L’ esecuzione è veloce ed efficace. Welerson non può farci nulla, è 2-2. Il Flu cerca di non annegare e ci riuscirà. A quattro minuti dalla fine, Ailton sembra avere il campo in discesa, finta e controfinta e poi calcia, la palla forse la tocca Renato Gaucho ma poco importa, il Fluminense è avanti e gela i tifosi del Fla. Al Flamengo poco importa, nel 1996 vincerà da imbattuto il campionato statale. L’ultimo campionato carioca del millennio lo vinceranno i rossoneri. Intanto i brasiliani hanno iniziato già da un pezzo ad andare di moda in Europa. I movimenti, i dribbling e i passi di Samba fanno impazzire persino gli inglesi. Tutti prima o poi sono destinati ad avere una grande chance in un club che conta.

Quello che è davvero cambiato è che i brasiliani negli anni ’80 venivano in Europa quando avevano più di 25 anni. Sul finire degli anni ’90 e i primi anni duemila i brasiliani arrivano in Europa da adolescenti. Uno su tutti Ronaldo Luis Nazario da Lima che in pochissimo tempo sbaraglia la concorrenza e diviene il centravanti più forte di tutti i tempi. I calciatori di oggi, evidenziano quanto sia stato magico Ronaldo. Ma il Fenomeno non giocherà mai per nessuna squadra di Rio de Janeiro. Il 2002 è l’anno giusto e in finale Ronaldo regola i tedeschi con una doppietta decisiva. I brasiliani continuano a viaggiare col solo biglietto d’andata verso qualsiasi meta europea e ovviamente il calcio, da quelle parti, ne risente. La maggior parte delle squadre sono costrette a cedere i propri migliori giocatori in Europa, a patto che i soldi arrivino in Sudamerica. Adriano, Julio Cesar, Thiago Silva sono quei tanti che hanno lasciato Rio de Janeiro per venire a giocare nel calcio che conta. Chi prima, chi dopo è un destino che tocca a tutti. Ai club cittadini poco importa, perchè hanno la possibilità di investire i soldi che hanno ricevuto dai trasferimenti. Di soldi comunque sia, non ne servono tanti poichè basta solo cercare nei campi in cemento e lì trovi il vero ragazzo brasiliano, abituato alla difficoltà di stare in equilibrio e in cui non vi è nessuno schema: la fantasia regna in metri quadrati. In Brasile però non vi è solo la fantasia.

Vi è anche la violenza, quella fisica. Spesso i grandi match o in particolar modo i derby sono sinonimo di scontri ad alta percentuale di omicidi. Tutti si sentono padroni di Rio. Chi è nato prima, chi ha vinto di più, chi ha più tifosi in città, chi ha più tifosi in Brasile. Finchè parlano va tutto bene ma quando iniziano a spuntare lame e proiettili non è più O Futbol. Ad ogni Fla-Flu il Maracana si riempie. Per i più romantici di questo sport, fino a venti anni fa bisognava fare una addizione tra gli spettatori paganti e non paganti perchè ad ogni grosso evento, migliaia e migliaia di tifosi, scavalcavano o in qualche modo riuscivano ad essere in curva senza esser beccati da nessuno. Oggi non si può neanche più comprare il biglietto al botteghino. Nessuno al mondo ha descritto al meglio cosa è questo derby, ci è voluto un drammaturgo nato a Recife e morto a Rio nel 1980 che risponde al nome di Nelson Rodrigues: Tudo é Fla-Flu, o resto é paisagem

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