Football stories: Zinedine Zidane

Quando Michel Platini dice di te “È l’unico giocatore per cui valga la pena pagare il biglietto” devi sentirti orgoglioso. Quando Michel Platini è anche il tuo idolo da bambino, queste parole devono farti sentire unico. Il protagonista della nostra storia rientra, senza alcun dubbio, in questa descrizione. Il gallo francese marchiato a fuoco sul cuore, la Juventus come massimo comun denominatore, l’eleganza come marchio di fabbrica. Signore e Signori, ecco a voi: Yazide Zinedine Zidane. Per tutti Zizou.

IL VALORE DELLA FAMIGLIA: Che la Francia avrebbe recitato una parte fondamentale nel suo destino si era capito prima ancora della sua nascita. Il padre Smaïl, un pastore musulmano di origini algerine, decide nel 1953 di emigrare in Francia a causa del conflitto per l’indipendenza algerina e intraprendere il mestiere di muratore. Dopo aver trascorso nove anni nei cantieri di Seine-Saint-Denis, nel 1962 – anno in cui terminò il conflitto franco-algerino e venne firmata l’indipendenza – è pronto a far ritorno in patria. Come tutte le belle storie, però, a cambiare il corso degli eventi è stata la conoscenza di una ragazza, quella che – pochi anni più tardi – sarebbe diventata la sua futura moglie: Malika. In Algeria non si torna più, meglio restare in Francia. Zizou nasce così a Marsiglia, più precisamente a La Castellane, un quartiere non propriamente tranquillo situato a nord della città, il 23 giugno del 1972. Nei suoi racconti, Zidane ricorderà sempre l’importanza della sua famiglia, che è riuscita a impartirgli valori importantissimi quali il rispetto, l’umiltà e la condivisione. Così come asserito precedentemente nel racconto di Johan Cruijff, anche in questo caso la protagonista principale è la strada. Yaz (così veniva affettuosamente chiamato dalla sorella Lila) si è formato, prima di tutto, sull’asfalto. Sia tecnicamente che caratterialmente. Quelle movenze uniche che il mondo intero apprezzerà le ha acquisite proprio lì, così come quei “colpi di testa” che gli hanno impedito – prima alla Juventus e poi in nazionale – di migliorare ulteriormente una carriera di per sé fantasmagorica.

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L’ESORDIO A CANNES E IL BORDEAUX: È il 1985, anno in cui entra a far parte della sua vita una figura di capitale importanza. Il suo nome è Jean Varraud e di mestiere fa l’osservatore per il Cannes. Dopo averlo visto giocare, decide di fargli intraprendere uno stage, durante il quale Zidane mostra le proprie capacità. Nonostante lo scetticismo dei dirigenti, convinti che fosse tutto fumo e niente arrosto a causa dei ripetuti giochetti utili a irridere gli avversari, Varraud convince il Cannes a tesserarlo. Sarà l’inizio della carriera professionistica del giovane franco-algerino. Superata la diffidenza del Cannes, c’era da superare anche quella della madre Malika. La soluzione è presto trovata: Zizou alloggerà a pensione presso la famiglia di Jean Claude Ellineau, dirigente della squadra francese. Il 20 maggio 1989 è la data del suo esordio ufficiale: l’allenatore Fernandez lo fa debuttare a dodici minuti dalla fine di un Nantes-Cannes di prima divisione terminato 1-1. Il primo gol arriva due anni dopo, precisamente l’8 febbraio del 1991, sempre contro il Nantes. Il presidente, Alain Pedretti, per ringraziarlo, gli compra una nuova auto, una Clio rossa. Al termine di quella stagione, la sua squadra riuscirà a qualificarsi per la Coppa Uefa e Zidane avrà su di sé gli occhi delle grandi di Francia. Il 1992 è un anno terribile per la squadra: l’inevitabile retrocessione in Serie B francese porterà Zidane a trasferirsi a Bordeaux. Bagagli in spalla e pronti per una nuova avventura. Stavolta, però, non è più solo: ad accompagnarlo c’è Véronique, la ragazza conosciuta a diciassette anni che – nel 1994 – diventerà a tutti gli effetti la signora Zidane. Il Bordeaux sarà la compagine che gli darà definitivamente un’impronta europea. L’allenatore, Rolland Courbis, colui che gli darà il soprannome “Zizou”, lo favorirà moltissimo nell’ambientamento iniziale. Nella stagione 1995/96 Zidane, insieme ai suoi nuovi amici e compagni Christophe Dugarry e Bixente Lizarazu, porta il Bordeaux a vincere la Coppa Intertoto e a raggiungere la finale di Coppa Uefa persa poi contro il Bayern Monaco.

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LA JUVENTUS DI LIPPI E L’OSSESSIONE CHIAMATA CHAMPIONS: La Juventus ha sempre avuto un occhio particolare per acquistare giovani talenti. Soprattutto francesi: Platini, Deschamps, Trezeguet, Henry, fino a concludere con l’ultimo campioncino dei giorni nostri: Paul Pogba. Anche stavolta, i bianconeri – reduci dalla vittoria della Champions League contro l’Ajax – decidono di puntare tutto su un francese. Per 7.5 miliardi di lire, Zinedine Zidane diventa così un nuovo giocatore della società di Corso Galileo Ferraris. La squadra già presentava un organico invidiabile, nonostante le cessioni di capitan Gianluca Vialli e di “penna bianca” Fabrizio Ravanelli erano arrivati Christian Vieri e Alain Bocksic, mentre Alessandro Del Piero rappresentava il diamante più puro. Zidane era la ciliegina sulla torta, e che ciliegina. Sebbene l’ambientamento iniziale non sia stato dei migliori, il “21” inizia a farsi notare molto presto: il 20 ottobre 1996, contro gli acerrimi rivali dell’Inter, il francese segna il definitivo 2-0 con un meraviglioso sinistro da fuori area. I trofei iniziarono ad arrivare uno dopo l’altro: Coppa Intercontinentale, Supercoppa Europea e Scudetto. La delusione più grande, però, arriva all’ultimo atto della stagione, quando in finale di Champions League si presenta un modesto Borussia Dortmund. La Juventus, squadra nettamente favorita, perde 3-1 e Zidane non riesce a sollevare il trofeo più ambito a livello continentale. L’anno successivo la storia si ripete: in finale, stavolta, c’è il grande Real Madrid. L’esito è lo stesso: gol decisivo di Predrag Mijatović ( in netto fuorigioco) e coppa agli avversari. Ma il tempo, si sa, è galantuomo. Quella coppa maledetta, qualche anno dopo, l’avrebbe sollevata. Poco importa se accadrà con la maglia di coloro che gliel’avevano sottratta nel 1998. Al termine della stagione, vincerà il Pallone d’Oro. Così come Platini, anche lui alla Juventus.

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I SUCCESSI IN NAZIONALE: Reduce dalla vittoria dello scudetto con la Juventus, Zidane si appresta ad affrontare la rassegna intercontinentale più importante della sua vita. Non a caso, proprio quella che si tiene in Francia. La squadra da battere è il Brasile di Ronaldo, il fenomeno sbarcato a Milano quell’anno, pronto a tutto pur di confermarsi campione dopo essersi aggiudicato la precedente edizione giocata negli Stati Uniti. La finale contrappone i due giocatori: saranno loro i protagonisti. Uno lo sarà in negativo, a causa di un malore tutt’ora misterioso che lo colpirà la sera prima in albergo, l’altro – invece – in positivo. Zidane, quella sera, mette definitivamente piede nell’Olimpo del calcio: due suoi gol, entrambi di testa, spianeranno la strada ai Bleus verso la conquista del mondiale casalingo. Petit segnerà poi il 3-0 definitivo. Accanto al successo del 1998, al palmarès del campione francese si aggiungerà anche il titolo europeo del 2000, proprio contro l’Italia. Dopo il successo all’Europeo, Zidane avrebbe potuto vincere il suo secondo Pallone d’Oro, ma i suoi ripetuti rossi per falli di reazione (celebre la testata rifilata a Kientz in un Juventus-Amburgo) nelle partite di Champions League gli hanno impedito di ricevere il riconoscimento. Come vedremo, la storia si ripeterà proprio nell’appuntamento più importante della sua carriera.
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L’APPRODO AI GALACTICOS E LA FINE DELL’OSSESSIONE: Nell’estate del 2001 si registra il trasferimento più costoso della storia del calcio fino a quel momento: Zidane, spinto anche dalle pressioni della moglie Véronique, si trasferisce al Real Madrid per una cifra monstre di 150 miliardi di lire. Con i blancos riuscirà al primo colpo a coronare il sogno di vincere la Champions League. La finale contro il sorprendente Bayer Leverkusen porta l’inconfondibile firma del fuoriclasse francese che, con un meraviglioso sinistro al volo da fuori area, segna il 2-1 con il quale il Real si aggiudicherà l’ambitissimo trofeo. L’anno successivo vince la Liga e, per la seconda volta consecutiva, la Supercoppa di Spagna. Dal 2003 al 2006, però, la squadra della capitale spagnola entrerà in una crisi profonda che la farà restare a secco di trofei. Al termine della stagione 2005/2006, Zizou annuncia che il Mondiale del 2006 sarà l’ultima competizione che giocherà. La partita conclusiva della sua carriera nei club la gioca il 7 maggio 2006 contro il Villareal, in un Santiago Bernabéu gremito di tifosi che esibiscono la sua maglia e fazzoletti con sopra stampato il numero “5”. La partita terminerà 3-3, con Zidane autore del gol del momentaneo 2-2.

La perla con cui Zidane regala la Champions 2001/02 al Real Madrid

IL TRAMONTO PIÙ BUIO: Dopo la delusione del precedente mondiale, durante il quale la Francia non era nemmeno riuscita a superare la fase a gironi, i Bleus si presentano alla rassegna tedesca senza l’etichetta di favoriti. Gli sviluppi, però, daranno loro ragione. I ragazzi del C.T. Raymond Domenech riescono a raggiungere un’insperata finale battendo prima il Brasile ai quarti e poi il Portogallo in semifinale. Proprio contro il Brasile, Yaz mostrò al mondo intero come si giocasse a pallone contro gli spocchiosi palleggiatori verdeoro. Kaka, Ronaldinho, Adriano, Ronaldo? Macché. Quella sera in campo si vedeva solo il n.10 in tenuta blu. L’avversaria della finale è la stessa dell’Europeo del 2000: l’Italia. In questa partita, Zidane sarà colpito dal celebre dualismo interno del famoso romanzo di  Robert Louis Stevenson “lo strano caso di Dottor Jekyll e Mr. Hide”: segna il momentaneo vantaggio con un incredibile cucchiaio su rigore, per poi rovinare una prestazione maiuscola con una testata a Materazzi durante il secondo tempo supplementare. Come molti ricordano, i rigori sorrisero all’Italia. Nonostante il terribile episodio, Zidane ottenne comunque il riconoscimento come “miglior giocatore del Mondiale”.

Tirando le somme della sua intera carriera, sarebbe oltremodo riduttivo ricordare Zidane solo ed esclusivamente per l’ultimo appuntamento della sua vita calcistica. I tifosi delle squadre in cui ha giocato, e più in generale tutti gli sportivi, lo ricordano soprattutto per l’eleganza che mostrava ad ogni tocco di palla. Le sue “veroniche” restano tutt’oggi dei capolavori tecnici di assoluta bellezza. Una volta appese le scarpette al chiodo, si ritroverà in bacheca un’infinità di trofei, collettivi e individuali, culminati con il riconoscimento forse più importante: nel 2013, la rinomata rivista sportiva inglese “World Soccer” lo inserisce nella top 11 di tutti i tempi. Emblematiche resteranno sempre le parole che Rino Gattuso gli rivolge al termine della finale del 2006: “ma se smetti tu, noi che facciamo? Ci impicchiamo tutti quanti?”. L’unica speranza che ci resta è quella di vedere il primogenito Enzo (nome datogli in onore del campione uruguaiano Enzo Francescoli) possa ripercorrere le sue orme, nel frattempo Zizou, anche come allenatore, ha dimostrato, forse inaspettatamente, la sua grandezza, diventando il primo tecnico a vincere per due anni di seguito la Coppa dalle grandi orecchie, ma questa è un’altra storia…

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