Con-te o no, c’è da stare Allegri

Potete dirlo tranquillamente: quando Conte ha abbandonato il ritiro della Juventus dopo un solo giorno, avete pensato che sarebbe stata la fine del ciclo bianconero. Soprattutto dopo la scelta, frettolosa ma costretta dalle circostanze, ricaduta su Allegri, troppo criticato negli ultimi tempi a causa di una rosa che, anche senza lui, continua a mietere vittime e bruciare giovani allenatori promettenti. Non solo i suoi detrattori, ma anche gran parte dei tifosi ha quasi urlato allo scandalo per quanto successo in quel caotico 15 luglio. Abbandonava l’amato allenatore dei tre scudetti consecutivi, impresa che non avveniva da quasi un secolo. Abbandonava il condottiero che aveva riportato la Juve ai suoi fasti dopo due settimi posti. Abbandonava l’uomo che era riuscito dove tutti gli altri avevano fallito. Un cavaliere non abbandona mai la sua signora. O quasi.

Juventus' coach Conte celebrates their win against Inter Milan at the end of the Italian Serie A soccer match in Milan

Arrivava l’allenatore odiato. Quello del gol di Muntari. Colui che era riuscito a perdere uno scudetto con Ibrahimovic: l’unico a riuscirci, negli ultimi 11 anni. E i primi tempi, per quanto discreti, avevano fatto presagire il peggio: il pareggio esterno col Sassuolo e la sconfitta di Genova in campionato da una parte e i tre punti raccolti in tre partite di Champions League dall’altra avevano fatto temere una nuova débâcle continentale. Proprio il fatto di mantenere quel 3-5-2 nei primi mesi, tanto caro al suo predecessore, aveva alimentato critiche, forse anche meritate, sulla poca personalità del mister toscano. Ed è stato proprio nel momento più difficile della stagione, ovvero la partita casalinga contro l’Olympiacos, che Allegri ha dato via al suo piccolo capolavoro. Da quel momento, la Juventus ha raccolto 7 punti su 9 nel girone di Coppa e ha lasciato il vuoto nella corsa scudetto. Complice anche la crisi della Roma, la fidanzata d’Italia si è trovata in una situazione ancor più favorevole di quella dell’anno scorso: 14 punti di distacco dai capitolini, nonostante gli otto punti in meno della Vecchia Signora dei record dell’anno passato. C’è anche da dire che quella Juve non solo era “aiutata” dal fatto che la Roma fosse sempre lì a metter pressione (come dichiarato qualche settimana fa dallo stesso Chiellini), ma soprattutto quella squadra competeva in un’Europa che conta fino a un certo punto, quindi le energie potevano essere orientate quasi tutte al campionato.

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I meriti di Allegri, ad oggi, sono davanti gli occhi di tutti: ha portato serenità nel gruppo e, a chi chiede più cattiveria, risponde con la sua pazienza e il suo pragmatismo; mai come nelle ultime due partite in Serie A la compagine bianconera ha mostrato tutto il suo cinismo, portando a casa sei punti fondamentali con soli due gol all’attivo. Massimo risultato col minimo sforzo. Alla vigilia del match più importante della stagione, il ritorno nella bolgia di Dortmund, una Juventus rimaneggiata, con praticamente tre “debuttanti” (Barzagli, De Ceglie e Sturaro) ha saputo mantenere alta la concentrazione, nonostante gli 11 punti di distacco che avrebbero potuto causare un rilassamento generale.

E invece no. La squadra di Torino ha continuato a macinare chilometri e conquistare una vittoria dopo l’altra. Il 3-0 a Dortmund resta un’impresa, impressa negli occhi di tutti. Adesso testa al Monaco: il sorteggio benevolo potrebbe far fare alla Juve quel salto di qualità che manca da troppo tempo. Non solo la semifinale manca ormai da 12 anni, ma soprattutto Allegri potrebbe raggiungere un traguardo, al primo anno, mai raggiunto da Conte. I sorteggi del 2013 non furono così fortunati, ma sono le statistiche a scrivere la storia: se il primo anno sembrava si potesse entrare di prepotenza nel G8 per non uscirvi più, l’anno dopo la smentita è stata secca e inappellabile. L’importante resta quindi restare coi piedi per terra: la parola d’ordine è programmare, perché ancora la strada verso il tetto d’Europa è lunga.

La Juventus rimane, ad oggi, la squadra più forte d’Italia. Questa, però, può dire la sua anche in Europa. Se la Juventus di Conte era “cattiva”, questa va sempre al Max. Di questo passo, c’è da stare Allegri.

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