E’ il caso di Milan-Bari, stagione 1998/99, quella dello Scudetto rossonero targato Zaccheroni. Una gara apparentemente scontata, non di certo di quelle che cerchi in rosso al sorteggio dei calendari, una gara da 3 punti facili insomma. Ovviamente, invece, niente di tutto ciò.
21 Marzo 1999, i rossoneri di Zaccheroni, impegnati nella rincorsa alla Lazio capolista e reduci dal pari nel derby e, in generale, da 17 punti nelle prime 8 gare del girone di ritorno, devono vincere un match assolutamente alla loro portata per alimentare le proprie ambizioni tricolori. A sorpresa, invece, il Bari scende in campo a San Siro con il coltello tra i denti, rifiutando il ruolo di vittima sacrificale: protagonista della giornata è Iksel Osmanovski, capace di portare i galletti in vantaggio. I rossoneri, riversatisi in avanti, trovano il pari con Bierhoff, cercando nel finale lo sforzo per il vantaggio. Clamorosamente, però, a trovare il gol è ancora il Bari: errore di Ziege e gol, ancora, di Osmanovski. San Siro mugugna, come si può perdere in casa con il Bari e sperare di riprendere la Lazio?
Zaccheroni si gioca il tutto per tutto inserendo il bomber di scorta Maurizio Ganz: lui, Bierhoff e Weah, tutti in avanti, tutti alla disperata ricerca di un gol che varrebbe un misero punto, decisamente poco rispetto alle idee della vigilia, ma pur sempre meglio di nulla. San Siro percepisce il messaggio e ribolle di tifo, i rossoneri in campo attaccano a testa bassa, la gara diventa un assedio. Al 90′, la svolta, fallo sull’attaccante tedesco, rigore per il Milan.
San Siro esulta, poco dopo, invece, cade il silenzio nello stadio: nessuno si avvicina al dischetto. Non lo fa Bierhoff, rigorista designato, non può farlo Albertini, altro rigorista ma escluso dalla gara causa infortunio, non può farlo Boban, uscito proprio per far posto a Ganz, e non può farlo nemmeno Leonardo, uscito anche lui per il subentrante Giunti. Insomma, chi lo tira questo rigore?
A piccoli passi si avvicina al dischetto Costacurta, non un rigorista di mestiere, ma ad un certo punto viene fermato: “Fermo, lo tiro io questo rigore“.
E’ Maurizio Ganz a parlare. “Solitamente il giocatore che subisce fallo, soprattutto se è uno dei rigoristi designati, si presenta dal dischetto. Bierhoff invece quel giorno era stato beccato dai tifosi e abbiamo percepito che non se la sentiva di tirare”.
Detto, fatto, dal dischetto è 2-2, ma non solo, pochi secondi dopo arriva anche il 3-2, dello stesso Ganz, annullato solo per un fuorigioco millimetrico. La gara si concluse tra i fischi, ma in pochi potevano immaginare l’importanza di quel singolo punto.
Già, perchè subito dopo quella gara, al rientro dalla sosta per le nazionali, arrivò un altro pari, ben più importante, lo scontro diretto con i biancocelesti a Roma, terminato 0-0. Da lì, 7 vittorie, 21 punti che rossoneri che proiettarono la squadra di Zaccheroni a 70 punti, uno in più della Lazio, che si fermò a 69. Un punto di differenza, una differenza dovuta proprio a quel rigore che nessuno si sentiva di calciare e che, a conti fatti, è valso uno Scudetto.