Che fine ha fatto…? Gianluca Curci, il mancato erede di Antonioli

Romano di Roma, cresciuto nelle giovanili della Lupa giallorossa, fisico perfetto per un portiere di calcio con i suoi 191 centimetri di altezza per 90 chilogrammi di peso, Gianluca Curci aveva tutto, almeno in teoria, per sfondare nei grandi palcoscenici calcistici non solo nazionali ma anche europei.

Infatti, prima ancora che nei club, Curci si è fatto conoscere con i colori dell’Azzurro Nazionale già a livello di Under 19 e poi di Under 20, prima di fare le sue prime presenze con la maglia della Roma.

Curci ai tempi della Roma
Curci ai tempi della Roma

Nella stagione 2003/2004, sotto la guida di Capello, il portiere romano si deve accontentare di fare il terzo portiere dietro Pelizzoli e Zotti però, a partire dalla stagione successiva, timbra undici presenze in prima squadra oltre a vincere da protagonista il Campionato Primavera con la squadra di Alberto De Rossi, padre di Daniele “capitan futuro” della Roma, nonché grande guru a livello giovanile.

All’età di vent’anni, la squadra giallorossa spera di aver trovato l’erede di Francesco Antonioli e, in generale, un altro portiere italiano di sicuro affidamento come tanti ne ha avuti la Roma nella sua storia. Invece, dopo i primi mesi un po’ altalenanti nella stagione 2005/2006, a partire da ottobre il nuovo allenatore Luciano Spalletti gli preferisce il neo arrivato Alexander Doni, trasferitosi alla Roma in estate dalla squadra brasiliana dello Juventude. Da questo momento in poi fino al 2008 Curci giocherà da titolare solo le partite di Coppa Italia (tranne le due finali vinte dalla sua squadra in cui è riserva) ed alcune di Coppa Uefa oltre a quelle di campionato in cui Doni è assente per infortuni di vario genere.

A livello giovanile, più precisamente in Under 21, nonostante non sia titolare nella sua squadra di club, nel biennio 2005-2007 partecipa da titolare inamovibile a due Europei di categoria. Malgrado l’esperienza maturata con la maglia degli “Azzurrini”, Curci nell’estate del 2008 viene ceduto in comproprietà al Siena, sempre in massima serie, dove resterà per due anni fino alla mesta retrocessione dei toscani nel 2010.

Nel luglio del medesimo anno, la Sampdoria, fresca qualificata ai preliminari di Champions League come non accadeva dai tempi d’oro di Vialli e Mancini, decide di puntare su di lui per il ruolo di titolare. Ma la stagione diventa presto un incubo per lui e per il resto della squadra a partire dai preliminari di Champions, con i blucerchiati eliminati dai tedeschi del Werder Brema e culminata con la drammatica ed inaspettata retrocessione di fine anno, in cui si vede un Curci non all’altezza della situazione che forse ha perso definitivamente il treno per diventare “grande”.

Torna in maglia giallorossa nel 2011 riscattato dalla Sampdoria ma, durante la stagione, raggranella la miseria di poche presenze alle spalle del più quotato portiere olandese Stekelenburg, rivelatosi ben presto anche lui un flop.

Curci con la maglia del Bologna, l'ultima squadra con la quale è sceso in campo in Serie A
Curci con la maglia del Bologna, l’ultima squadra con la quale è sceso in campo in Serie A

L’anno successivo va al Bologna in prestito biennale con diritto di riscatto, però, al termine del secondo anno con la casacca dei felsinei, retrocede per la terza volta nella sua carriera come era avvenuto in precedenza a Siena e a Genova, guadagnandosi tra i tifosi la fama non proprio lusinghiera di “porta sfortuna”.

Curci torna nuovamente alla Roma senza giocare neanche una partita nell’arco della stagione 2013/2014, terminata con il mancato rinnovo del suo contratto da parte della dirigenza di James Pallotta. Il portiere, svincolato, da Ferragosto è finito nelle file del Mainz, squadra al quinto anno consecutivo in Bundesliga, dove gli aspetterà con ogni probabilità il triste ruolo di riserva alle spalle dell’aitante e talentuoso tedesco classe 1993 Karius.

Nonostante possa vantare più di cento presenze in Serie A, Curci non è mai riuscito a sfondare veramente nel calcio che conta, in buona parte per colpa delle sue incertezze frequenti che ne hanno frenato un’ascesa costante ed in piccola percentuale a causa degli “annus horribilis” di alcune squadre in cui ha militato, come ad esempio la stagione in blucerchiato.

Resta un calciatore che non è mai stato in grado di dimostrare appieno il suo vero potenziale probabilmente per una carenza di determinazione e carattere nei momenti che potevano essere a lui favorevoli, ed ora a trent’anni suonati è oramai uscito forse definitivamente dai radar delle squadre italiane di Serie A.

Stefano Trentalange

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