Che fine ha fatto? Tuta e il gol della discordia

24 febbraio 1999. Allo stadio “Penzo” si gioca Venezia-Bari, 18° giornata di Serie A; partita delicata per i lagunari, neopromossi e terzultimi in classifica, con un attacco assai sterile. I padroni di casa vanno in vantaggio con Maniero, al 9′, ma ad inizio ripresa de Ascentis pareggia i conti. Il match di colpo si addormenta, l’1-1 sembra andare bene ad entrambe. Poi, al 77′, Walter Novellino toglie il Chino Recoba ed inserisce il brasiliano Tuta.

Moacir Bastos (questo il suo nome), potente centravanti classe ’74, era arrivato al Venezia ad Ottobre dopo buone stagioni con Atlético Paranaense e Portuguesa; era partito alla grande con due gol, alla Juve in Coppa e alla Lazio in campionato, poi si era un po’ spento nell’inverno italiano.

Ma contro il Bari, in quei minuti di partita rimanenti, il panzer brasiliano è l’unico a metterci grinta e allo scoccare del 90′, sugli sviluppi di una punizione, trova il 2-1 con un colpo di testa. Grande festa? Macché. Nonostante la nebbia, si nota che l’esultanza dei giocatori di casa è molto, troppo contenuta per un gol così importante. Solo Bilica, l’altro brasiliano in rosa, corre a festeggiare il compagno; gli altri restano fermi, qualcuno batte il cinque senza troppa convinzione. Viene il sospetto che la partita fosse combinata e che il gol abbia stravolto i piani; sospetto che si acuisce quando, nel tunnel verso gli spogliatoi, Tuta viene aggredito dai baresi De Rosa e Spinesi. Le sue parole nel post-partita sono pesanti: “Maniero mi ha detto che non avrei dovuto segnare, perché era meglio che finisse 1-1”. La Federcalcio apre un’inchiesta, che però non porterà a niente. Zamparini, all’epoca presidente del Venezia, spiega che Tuta ha equivocato le parole del compagno perché non conosce bene l’italiano. Insomma, tutto si risolve in una bolla di sapone.

tuta

 

Da lì in poi Tuta vede il campo col contagocce, segnando solo un altro gol, al Milan; il Venezia riesce a salvarsi e a fine stagione lo rispedisce in patria. Il resto della carriera lo spende nel Brasileirão, giocando e segnando, con in mezzo due esperienze nel campionato coreano. Nel 2012 passa un mese in carcere per non aver pagato gli alimenti all’ex-moglie, poi scende nelle serie minori per chiudere con tranquillità (attualmente è in quarta divisione, al Flamengo Piauí).

Nel gennaio 2014 torna alla ribalta per un’intervista rilasciata a Studio Sport, in cui dice la sua sulla famigerata partita di 15 anni prima: “Era combinata, una vergogna che i tifosi non meritano. Gioco a calcio da sempre e non mi è mai successa una cosa simile. Noi dovevamo salvarci, ma dopo il pareggio tutti smisero di giocare e io, in panchina, non capivo perché. Quando segnai i miei compagni non esultarono, poi, al fischio finale, successe di tutto: spinte, insulti…Vidi i giocatori del Bari che spaccavano tutto nello spogliatoio, e il nostro capitano che discuteva con il loro. Quel gol segnò la fine della mia avventura in Italia”.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *