Football Stories: Alcides Ghiggia, l’uomo che cambiò la storia

“Los de afuera, son de palo”. Così, Obdulio Varela disse ai suoi compagni, voltandosi verso di loro mentre stavano entrando in campo. Non è una data una qualsiasi, perchè è il 16 luglio 1950. Non è un campo qualsiasi perchè è il Maracanã di Rio de Janeiro. Sono le 15 precise, quando l’inglese George Reader dà il via alla quarta finale mondiale della storia del calcio. Sembra quasi banale scrivere gli sfidanti perchè intorno alle ore 17 questa partita passerà alla storia col dispregiativo nome di Maracanazo. Al Maracanã si contano circa 200.000 brasiliani che già diversi giorni hanno preparato coriandoli, carri e striscioni per celebrare la prima vittoria di un mondiale. Ai giocatori brasiliani sono stati regalati dei costosissimi orologi con su scritto Brasile Campione. La stampa celebra già il successo sugli uruguagi, sembra quasi inutile disputare questa partita. La Celeste arriva al Maracanã consapevole di essere la sfavorita e di aver poco da perdere, pur giocandosi una finale. Ci sono troppe analogie tra il 16 luglio 1950 e il 7 luglio 1974. La sfavorita passa in vantaggio e invece che cercare il raddoppio, prendE quasi in giro gli avversari, come accaduto al Brasile, come accaduto all’Olanda di Johan Crujiff 24 anni dopo ad Amburgo. Altra coincidenza: gli arbitri inglesi non portano affatto bene alle favorite di turno. Eppure il blocco del Peñarol formato da Varela, Ghiggia e Schiaffino sembra deciso a metter le mani sulla vechia Coppa Rimet.

922653-_fulllnd-1437132731-500-640x480Inutile girarci tanto intorno, sarebbe meglio andare dritti al sodo e tuffarsi direttamente alle ore 15. Dire che vi era un clima infernale è quasi riduttivo. Anzi. Vi era un clima di assoluta festa a ritmi di samba e rum. Reader fischia e la partita inizia. Il Brasile parte subito forte ma l’Uruguay sembra reggere le pressioni dei verdeoro. La prima frazione vola via, al Brasile basta anche un pareggio ma vogliono umiliare i vicini di casa. Dopo una manciata di secondi dall’ inizio del secondo tempo, Friaça trova la porta e in diagonale batte Maspoli. Quello che accade subito dopo è indescrivibile. Si alza un urlo di indecifrabili decibel, conditi da fuochi d’artificio e capriole in campo. Il Brasile ha un piede sul gradino più alto del podio. Ma invece che mettere anche il secondo, rimane lì con uno sopra e uno no e Schiaffino dopo 20 minuti, li punisce. 1-1 e palla al centro. Dal gol del pareggio si crea una tremenda quanto sottile differenza. Vi sono due tipi di brasiliani: quelli in campo e quelli a veder giocare quelli in campo. I calciatori accusano il colpo, mentre sugli spalti e per le strade di tutto il Brasile questo gol fa male fino ad un certo punto, perchè per loro, la finale è già scritta e molto difficilmente gli ospiti passeranno in vantaggio. A 11 minuti dal trionfo brasiliano, Ghiggia decide di cambiare la storia della partita, anzi la storia. Palla lunga per lui che la addomestica magnificamente e come nella gara contro la Spagna tira sul palo del portiere. Moacir Barbosa, portiere del Vasco da Gama, credendo di anticipare un tiro sul secondo palo o un cross basso in mezzo, si tuffa dalla parte opposta a dove va la palla. Palla a destra, portiere a sinistra. In sintesi: Barsile 1 Uruguay 2. Alcuni uruguagi si stropicciano gli occhi, perchè forse non hanno ben visto cosa sia successo, ma tutto diventa realtà quando Ghiggia corre col braccio alzato per esultare e la palla viene riportata mestamente e a testa bassa dai brasiliani. Adesso c’è solo da gestire il risultato ma quando Reader fischia tre volte lo sentono solo in pochi. Si dice che al triplice fischio dell inglese, una decina di persone siano decedute tra infarti e suicidi. E fuori dalle mura dello stadio se ne conteranno molte ma molte di più.

Quando il destino si mette di mezzo non vi è pace per nessuno. Nemmeno per lui. Lui,che ha segnato il gol più importante della storia. Ci corrono esattamente 65 anni dal 1950 al 2015. Una vita, un ricordo. Una vita che va di pari passo ai ricordi di quel pomeriggio. 65 anni, da Rio de Janeiro a Las Piedras, piccola cittadina uruguagia affacciata sull’ Oceano. è bastato solo un calcio ad una palla per far sì che Alcides Edgardo Ghiggia in meno di un secondo passi da uomo e calciatore a giudice. Il suo piede destro è come il martello di un giudice in tribunale. E l’esito non cambia: condanna. Una sfera di cuoio che non doveva varcare una linea per terra.

22 dicembre 1926. Mentre Walt Disney crea Mickey Mouse e in Italia nascono Napoli e Fiorentina, a Montevideo   nasce Alcides Ghiggia. Passa l’ infanzia tra la povertà locale, inseguendo galline e calciando sfere. Il suo fisico non gli permette di prevalare sugli altri ma la sua velocità non si era mai vista in nessuno. In circa 30 mesi la sua vita cambia. Dall’ esordio in Prima Divisione uruguagia all’ ingaggio del Peñarol, la squadra più titolata in patria. Nel 1950 escordisce da semi sconosciuto in nazionale uruguagia. Dopo il mitologico trionfo a Rio, Ghiggia rientrerà in patria con le stampelle, perchè vittima di una aggressione da parte di alcui brasiliani frustrati. Dopo i titolo col Peñarol nel 1949 e nel 1951, Ghiggia dopo essere stato squalificato per aver aggredito un arbitro, prende le valigie in mano e sbarca a Roma, per giocare con i giallorossi. Negli 8 anni romani, Ghiggia vincerà solo una Coppa delle Fiere, ma entra fin da subito nel cuore dei tifosi, che accorrono in massa ogni qualvolta la Roma gioca. Intanto ottiene la naturalizzazione italiana e gioca qualche match per gli azzurri. Anche il suo vecchio compagno Schiaffino, che gioca nel Milan, ha ottenuto lo status di oriundo e l’Italia punta forte su loro per il mondiale svedese del ’58. La ruggine ha consumato però la loro meravigliosa intesa di qualche anno prima e l’Italia deve guardare il mondiale svedese seduta sul divano. Nel 1961 ormai 35enne gioca per un anno al Milan, collezionando solo 4 presenze, ma vincendo lo scudetto. Chiuderà la carriera nel 1967 al Danubio alla sobria età di 42 anni. Passati esattamente 65 anni dal Maracanazo e ultimo rimasto in vita da quella finale, Alcides Ghiggia muore a Las Piedras a ben 88 anni, lasciando un vuoto incolmabile nel cuore degli amanti del calcio e del calcio vintage.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *