Joseph Mwepu Ilunga, l’uomo che diede un calcio alla morte

Joseph Mwepu Ilunga è passato alla storia per un curioso episodio ai Mondiali di Germania del ’74, peraltro l’unica partecipazione della compagine africana. Ma, per comprendere la storia calcistica, bisogna fare un passo indietro.

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La nazionale dello Zaire ai Mondiali del ’74

Si sa, il calcio non è solo uno sport. Per qualcuno è una passione infinita, per qualcun altro è l’unica occasione per uscire dalla miseria, ma può anche essere letteralmente una questione di vita o di morte. Il Congo, a partire dal ’65, divenne un Paese politicamente dittatoriale. Seppur nemmeno prima la situazione fosse semplicissima, nel ’60 sembrava che una certa stabilità potesse essere raggiunta, tramite l’indipendenza conquistata e la prima elezione democratica. Il nuovo leader, Patrice Lumumba, non ebbe però tempo di attuare il suo programma politico. Nemmeno un anno dopo, il colonnello Mobutu lo fece dapprima arrestare e poi giustiziare: in un Paese perennemente in guerra, il vero potere non poteva che essere nelle mani del capo dell’esercito. Mobutu Sese Seko, divenuto capo di Stato maggiore dell’esercito, nel ’65 conquistò il potere assoluto con un colpo di Stato, tramite il quale venne destituito il capo di Stato Joseph Kasa-Vubu. Assunto il titolo ufficiale di Maresciallo-Presidente, Mobutu instaurò un regime centralizzato e monopartitico, ribattezzando il Paese sotto il nome di Zaire, riprendendo antiche toponomastiche.

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Il dittatore Mobutu

E qui politica e calcio si intrecciano. La nazionale africana, fresca vincitrice della Coppa d’Africa, conquistò il diritto di partecipare al Mondiale tedesco. Come in qualsiasi dittatura, Mobutu vide nel calcio, e nello sport in generale, una vetrina internazionale e uno strumento di propaganda imprescindibile per il regime. Ai calciatori, per questo motivo, furono promessi premi sostanziosi. L’impatto con la realtà fu però durissima e lo Zaire uscì malconcio dalle prime due partite del girone di qualificazione. Se la prima sfida si concluse con una dignitosa sconfitta per 2-0 con la Scozia, lo stesso non si può dire per il match disputato contro la Jugoslavia: un 9-0 che non lasciò di certo contento Mobutu.

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Mwepu, l’eroe del Parkstadion
Ultima partita del girone: il Brasile, campione del mondo in carica, ha conseguito soltanto due 0-0 e adesso, per qualificarsi alla seconda fase, deve vincere almeno 3-0. Fin qui, nulla di strano. L’evento chiave accade al minuto 85: Brasile già sul 3-0 e punizione nei pressi dell’area di rigore per i verdeoro, con Rivelino (non uno qualunque) sulla palla. L’arbitro fischia, Mwepu corre verso la palla e la calcia più lontano che può. Tra l’ilarità e l’incredulità generali (il gesto fece anche scappare un sorriso a Jarzinho) l’arbitrò Rainea non poté che estrarre il cartellino giallo. Il fatto, inspiegabile, passò alla storia e riportò l’Africa nella preistoria: le immagini fecero ovviamente il giro del globo e Mwepu divenne l’icona di un calcio africano ancora indietro anni luce.

“Ma come? Questi si presentano al Mondiale e non sanno nemmeno le regole base?”. Questo il pensiero che, fino al 2002, è balenato nella testa di tutti gli appassionati di calcio. La verità, infatti, si saprà soltanto 28 anni dopo, per bocca dello stesso Mwepu.

“Pensavamo che saremmo diventati ricchi, appena tornati in Africa, ma dopo la prima sconfitta venimmo a sapere che non saremmo mai stati pagati e quando perdemmo 9-0 con la Jugoslavia gli uomini di Mobutu ci vennero a minacciare, dicendoci che se avessimo perso con più di tre gol di scarto dal Brasile nessuno di noi sarebbe tornato a casa e non avremmo dovuto nemmeno preoccuparci delle nostre famiglie”.

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La lucida follia di Mwepu

Era questo il vero motivo di quella pazza corsa. Non era una semplice corsa verso il pallone, ma una fuga dalla morte. Quel gesto spezzò la tensione, ottenendo l’obiettivo: l’incontro terminò 3-0 e la nazionale africana fu salva. Piccola curiosità: Mwepu, quella partita, non avrebbe nemmeno dovuto giocarla. Nel precedente match con la Jugoslavia, infatti, l’arbitro colombiano Omar Delgado espulse per errore Ndaye Mulamba, nonostante lo stesso Mwepu avesse ammesso di essere stato il colpevole di un calcio rifilato a un avversario.

Se non credete al destino, forse questa incredibile storia vi farà cambiare idea.

 

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