“Avevo scritto 2-0 sul quaderno e mi stavo alzando per correre nello spogliatoio, preparando un discorso difficile e per di più in inglese. Non lo parlo in modo fantastico oggi, figuriamoci anni fa. Ecco, proprio in quel momento il Milan segnò il 3-0.
I giocatori erano tutti seduti con la testa bassa e io ordinai loro di alzarla perché avevano lavorato tanto per arrivare fin lì, e non aveva senso arrendersi dopo 45 minuti. Dissi di provare a segnare un goal, perché così la partita si sarebbe riaperta e i nostri tifosi avrebbero fatto il resto.
Del resto era la partita più importante della loro vita, si erano giocati solo 45′ minuti, un primo tempo nel quale era andato tutto storto, dal primo pallone, e non riuscivano a capire il perchè.
Avevamo solo pochi minuti nell’intervallo per preparare i giocatori agli schemi con cui avevamo intenzione di giocare nel secondo tempo: tre difensori, due terzini, due centrocampisti come Xabi Alonso e Hamann bloccati a proteggerci dalle sfuriate di Kakà e Steven Gerrard dietro Milan Baros.
‘Ascoltate…’
Quel poco rumore che c’era si placò. Non preparai chissà che discorso, ma non potevo far loro pensare che fosse finita, le parole venivano facilmente da sè, così deglutii e continuai:
‘Non abbiamo niente da perdere. Se ci rilassiamo, possiamo fare un gol. E se facciamo un gol, siamo in grado di tornare in partita.
Dobbiamo combattere, dobbiamo farlo per questi tifosi, ascoltateli!
Negli spogliatoi calò nuovamente il silenzio, quel tanto da permettere di ascoltare a malapena i cori di 50.000 persone che intonavano l’inno del Liverpool, ‘You’ll Never Walk Alone’, nonostante tutto, nonostante quel primo tempo.
Loro sono dietro di noi, giochiamo in dodici!
Non lasciate che la vostra testa tremi. Siamo il Liverpool, non dimenticatelo!
Abbiamo sudato per arrivare qui, battuto tante buone squadre, ora lottate per 45 minuti, se segniamo, siamo in corsa. Se credete che possiamo farcela, ce la possiamo fare. Soprattutto, avete la possibilità di essere eroi.’
I giocatori avevano sopportato i peggiori 45 minuti della loro carriera. Avevano una possibilità per rimediare, una su mille, ma pur sempre una.
Tutte le nostre speranze erano riposte nella nostra testa e nei nostri piedi.
Dissi loro di alzarsi. camminare a testa alta e provare a scrivere la storia. La loro storia.
Lo fecero”.